Conte a Lecce: «Fiscalità di vantaggio, un Piano Sud con l'Ue»

Conte a Lecce: «Fiscalità di vantaggio, un Piano Sud con l'Ue»
di Francesco G.GIOFFREDI
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Lunedì 23 Settembre 2019, 09:29

Il nocciolo duro, per ora, è tutto e solo nel metodo, nei segnali e negli annunci. Giuseppe Conte tende la mano ai sindacati e apre ulteriormente il compasso sul Sud, abbozzando un piano di fiscalità di vantaggio concordato con l’Ue e saggiando il terreno della politica industriale. Ma avverte: «Ci vuole tempo, non abbiamo la bacchetta magica», ripete come un mantra spostando l’asticella sull’arco dei «due-tre anni».

Il presidente del Consiglio arriva nell’assolata Lecce accogliendo l’invito della Cgil nazionale per le “Giornate del lavoro” («è la prima volta per un premier», gongola il segretario generale Maurizio Landini), rimarca il «riconoscimento del ruolo sociale di un’organizzazione esponenziale come la vostra» ed esalta il valore del «confronto con le parti sociali», perché «stare chiusi nelle stanze del palazzo senza confrontarsi è una iattura per un decisore politico». Insomma: almeno a parole ritornano le relazioni con i corpi intermedi e l’arte della mediazione “sistemica”. È un passaggio che enfatizzerà più volte anche Landini, durante il colloquio con Conte («Gli uomini soli al comando non ci sono mai piaciuti»): sul palco del Teatro Apollo nessun moderatore o intervistatore, ma confronto a due voci con sollecitazioni e domande dei delegati Cgil in platea.

Conte a Lecce: «Fisco iniquo. Lotta all'evasione, pronti a pene detentive»

Il menu prevede un po’ tutto. Ovviamente c’è il Sud: Conte dissemina il campo di altri indizi e promesse. «Il divario Nord-Sud è certificato, anche a livello europeo. Io dico sempre che se rilanciamo il Sud favoriamo anche il Nord, perché la domanda interna del Paese è debole». E il premier ricorda uno dei temi toccati nel primo incontro con la presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen: «Perché l’Italia deve subire il dumping sociale da parte di altri Paesi Ue? Le nostre società si trasferiscono all’estero, in Paesi Ue dove trovano agevolazioni fiscali e manodopera a basso costo. Serve una fiscalità di vantaggio per l’intera area del Sud e un intervento strutturato. La dignità sociale è legata al lavoro, per questo mi sono concentrato sul Sud, e con von der Leyen ho posto il tema di un piano europeo. Capisco che a livello europeo ci faranno storie, ma ci deve aiutare».

E via con la più volte citata cassetta degli attrezzi per il Sud: i Contratti istituzionali di sviluppo, le Zes, percorsi di rilancio ma «in una visione integrata». Ed è proprio sul fisco che Conte imprime la sterzata “nazionale” più violenta: «Il sistema è iniquo e inefficiente. Dobbiamo arrivare a una disciplina organica che crei una vera alleanza tra cittadino onesto e il fisco. Dobbiamo risistemare tutta la legislazione» e «siamo favorevoli a pene anche detentive per i casi di conclamata evasione». Stralci d’analisi e proposte condivisi anche da Landini: «Il rilancio del Paese passa dal Sud» e dalla «prima urgenza, che è fare le cose per ricostruire la fiducia delle persone», «costruendo insieme» in una «idea di sistema» visto che «in molti casi è mancato il coordinamento».

Continua il leader Cgil: «I fondi Ue ci sono, ma non tutti sono capaci di spendere perché mancano i progetti», «in molti casi non c’è nemmeno personale sufficiente e preparato e al Sud occorrono assunzioni in uffici tecnici, sanità, scuole, asili»; e a cominciare dal dossier Mezzogiorno «ci vuole un luogo per capire come si sostiene un progetto di sviluppo e quali sono gli strumenti in campo». Il terreno delle politiche industriali è scivoloso. E Landini lancia il monito: «Al Sud c’è un arretramento del sistema industriale, qui è stato pagato un prezzo doppio. E ogni posto di lavoro perso al Mezzogiorno è purtroppo perso per sempre», e via con gli esempi, da Whirlpool a Mercatone Uno.

Conte annuisce: «Il problema delle crisi è molto serio. E sì, soprattutto al Sud l’arretramento aziendale vuol dire non recuperare più quei posti.

Il governo deve assolutamente trovare tutti gli strumenti per fronteggiare le crisi aziendali», senza «palliativi» ma «rassicurando il sistema industriale: il governo deve tirar fuori un piano industriale per l’Italia». «Delle volte è mancata la chiarezza sugli investimenti industriali. Non possiamo permetterci di affidarci ogni anno a segnali contraddittori». I segnali saranno allora «già da questa manovra»: «Dobbiamo alleggerire la pressione fiscale. Non abbiamo molte risorse, però già quest’anno stiamo lavorando per dare un segnale significativo sul cuneo fiscale». Così come più o meno vicini potrebbero essere altri passi: per i giovani «dobbiamo integrare il fondo previdenziale integrativo e occorre lavorare a una perequazione pensionistica», bisogna «rimpinguare l’organico della Pubblica amministrazione» e «monitorare in fase attuativa il reddito di cittadinanza, valorizzandone la funzione di riqualificazione dell’occupazione». Immancabile l’incursione sul Green New deal che «con progressività orienterà il sistema produttivo verso la transizione ecologica».

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