Il caos Csm, le nomine a Lecce e quelle strane intese. Il presidente ai suoi: «Non ci furono interferenze»

Il caos Csm, le nomine a Lecce e quelle strane intese. Il presidente ai suoi: «Non ci furono interferenze»
di Erasmo MARINAZZO
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Lunedì 1 Giugno 2020, 09:54 - Ultimo aggiornamento: 13:42

Interferenze sulla sua nomina a presidente distrettuale della Corte d'Appello di Lecce? Nessuna. Fanno testo le sentenze ed i provvedimenti del Csm, piuttosto che le frasi riportate da alcune testate giornalistiche sui dialoghi di Luca Palamara, ex presidente dell'Anm ed ex componente del Csm, intercettato nell'inchiesta della Procura di Perugia in cui risponde di corruzione. Lanfranco Vetrone, 68 anni, di Potenza, si dice indignato. Ne parla con il suo entourage. Un giro stretto di persone a cui ha riservato le sue considerazioni e la volontà di restare fuori dal dibattito pubblico di questi giorni.
Parla la sua storia, dice. Parlano le scelte fatte all'epoca quando decise di ricorrere prima al Tar Lazio e poi al Consiglio di Stato contro la nomina a presidente della Corte d'Appello di Roberto Tanisi, 66 anni, di Taviano.
Il Tar respinse il suo ricorso, accolto poi dal Consiglio di Stato a gennaio dell'anno scorso. E il Csm, intanto rinnovatosi nelle cariche, ritenne che avesse maggiori credenziali lui che aveva guidato il Tribunale di Potenza, e poi quello di Catanzaro, piuttosto che Tanisi che all'epoca della candidatura rivestiva le cariche presidente della seconda sezione penale e della Corte d'Assise. Era l'8 maggio dell'anno scorso, dopo un anno ed otto mesi Tanisi dovette farsi da parte.
Ma perché Palamara discusse anche di quella nomina? «Mi dicono che Unicost (la corrente di Palamara, ndr), abbia mollato Tanisi per Vetrone. Qua succede un casino. Fammi sapere cosa succede veramente a Lecce. Faceva parte di un accordo complessivo. Spina è lucano come Vetrone, ci tiene?», scrive un certo Valerio a Palamara.
Un passaggio che Vetrone ha commentato alle persone più vicine come un tentativo di screditarlo. Perché? Perché quel dialogo sarebbe avvenuto a giochi ormai fatti: è il 15 gennaio dell'anno scorso, una settimana prima c'era stata la decisione del Consiglio di Stato. E perché lo dice lo stesso Palamara che non è una questione di Spina ma di credibilità delle scelte dello stesso Csm: «Non è un problema di Spina ma di una situazione complessiva», la frase indicata da Vetrone. Una situazione complessiva perché casi come quello di Vetrone ce ne sarebbero stati altri quattro. In tutto cinque sentenze di annullamento di nomine di capi di uffici giudiziari, decise dalla giustizia amministrativa. Abbastanza per mettere in discussione la credibilità di palazzo dei Marescialli.
Nessun accordo, nessun gioco di potere. Vetrone si ritiene piuttosto vittima di quel sistema di assegnazioni con il bilancino per accontentare ora questa, ora quella corrente. Lo ripete, per arrivare a fare riconoscere i suoi titoli, le credenziali, la predisposizione a dirigere un ufficio, è dovuto passare attraverso la valutazione di due giudizi amministrativi. Che, peraltro, hanno visto il Csm costituirsi per difendere le ragioni e l'autonomia delle sue scelte.
E poi ci sono le oltre 70 pagine del plenum del Csm della sua nomina a primo giudice del distretto di Lecce, Brindisi e Taranto: «Titoli di merito, non medagliette», ha sottolineato in quel dialogo di ieri ristretto a poche persone. Per concludere, insomma, che parlano le carte processuali piuttosto che delle intercettazioni talvolta estrapolate dal loro contesto.
Una vicenda che, peraltro, tornerà ancora all'attenzione dei giudici amministrativi. Sollecitato da colleghi, da avvocati e dal personale di cancelleria più affezionato, e - dice chi lo conosce bene - forzando la sua natura, Roberto Tanisi ha presentato ricorso al Tar Lazio. Difeso dagli avvocati Pierluigi e Giorgio Portaluri, l'udienza è stata fissata a gennaio dell'anno prossimo. Allora Tanisi sarà anche venuto a conoscenza dell'esito della candidatura a presidente del Tribunale di Lecce: a breve dovrebbe pronunciarsi il plenum del Csm, dopo a che gennaio la quinta commissione ha assegnato tre voti a lui ed altrettanti ad Alessandro Silvestrini 64 anni, presidente della sezione Commerciale della Corte d'Appello, docente universitario di Diritto fallimentare a Lecce, alla Sapienza di Roma e nella Scuola superiore della magistratura. In quella autonomia decisionale slegata dai criteri che tengono conto delle funzioni ricoperte e messa in discussione dalle intercettazioni captate a Palamara.
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