Non solo abiti e accessori per Vip, nel Salento boom della filiera Covid nella fabbrica del lusso

Non solo abiti e accessori per Vip, nel Salento boom della filiera Covid nella fabbrica del lusso
di Pierpaolo SPADA
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Lunedì 14 Dicembre 2020, 11:34 - Ultimo aggiornamento: 11:48

«Questa crisi si batte con mascherine e tamponi». Dal più classico dei motti anti-Covid l'azienda Gda - la fabbrica salentina che veste i divi di Hollywood - ne ha ricavato addirittura un ramo d'azienda che, nel giro degli ultimi 5 mesi, ha fatto schizzare del 160% il fatturato. Rendendo il 2020 il suo anno migliore. Impensabile un anno fa. Convertire parte degli spazi aziendali per destinarli alla produzione e alla commercializzazione di dispositivi medicali.
L'intuizione è arrivata in primavera quando la pandemia aveva spento vetrine, star e passerelle - e costretto l'impresa di Galatina del luxury fashion - a chiuder battenti. L'impalcatura fu immediatamente allestita, e rifletteva una scommessa. «Che ora è vinta», esordisce l'amministratore, Pierluigi Gaballo, con l'impeto dei momenti più esaltanti. «Stiamo volando», esclama. E la fabbrica che l'imprenditore invita a guardare non lo smentisce: un vasto complesso immobiliare che Gaballo sta stratificando e ampliando senza nulla togliere all'alta moda: il segmento che continua a contribuire, comunque, al nuovo exploit.
L'investimento iniziale è stato minimo: pochi metri quadri e due macchinari. A giugno Quotidiano ha documentato l'ottenimento della marcatura CE, l'arrivo delle prime 10 tonnellate dell'allora introvabile meltblown (materiale essenziale per realizzare il dispositivo) e l'avvio della produzione di mascherine chirurgiche. «Puntiamo a produrne 200mila al giorno», dichiarava il manager. Servivanoi necessari codici Ateco e Gda non se n'è fatto mancare alcuno. Poi, la svolta: a settembre ha iniziato a commercializzare anche mascherine FFP2, nonché tute protettive commissionate ad un'azienda albanese (sotto il coordinamento di Textile Service che Gda controlla Oltreadriatico) e a un fornitore in Turchia. Da quest'ultimo Paese l'azienda importa anche gel anti-batterico che poi - come fa con tute e mascherine - rivende con marchio Gda. Gaballo confida: «Abbiamo ricevuto anche la prima fornitura di tamponi rapidi dalla Cina: 10mila per circa 100mila euro. Stiamo acquistando anche test sierologici e saturimetri. Li venderemo a strutture sanitarie e privati».
Cosa ne certifica l'affidabilità? «Provengono da aziende note, già inserite, cioè, negli elenchi del ministero», è l'indicazione. Dal primo step ad oggi, sono trascorsi 150 giorni. Gli impianti di produzione sono diventati 9, di cui 4 per il packaging. Al 30 novembre l'azienda - che partecipa anche a gare pubbliche - dichiara di aver investito complessivamente 1,5 milioni di euro e di aver prodotto 72 milioni di mascherine chirurgiche, 1,5 milioni di mascherine FFP2 e 200mila tute.
Non c'è pausa. E Gaballo aggiunge: «Stiamo lavorando su tre turni, sabato e domenica compresi». Con tutto ciò che ne consegue. Per far fronte alle nuove produzioni, tra agosto e settembre, l'azienda ha assunto altre 50 persone che portano a 325 il numero complessivo di dipendenti tra Gda e Officina Tessile (che sorge a pochi metri dalla prima). Il fatturato sfiora i 35 milioni di euro, quasi il doppio rispetto a due anni fa. «Ma corriamo anche con Officina Tessile e Textile: chiuderanno, rispettivamente, a +21% e 24%».
Numeri netti. Esprimono la volontà di Gda - che, tra l'altro, con le sue mascherine, sponsorizza la New Basket Brindisi - di imporsi anche nel mercato dei dispositivi medici e di protezione individuale, offrendo l'intera gamma di prodotti, realizzata in parte in casa e in parte all'estero e direttamene commercializzata.
Il tutto, come detto, senza sacrificare il segmento moda. Che resta il core-business di Gda al quale, non a caso, l'amministratore sta riservando la costruzione (in corso d'opera) di altri due stabilimenti. Scelta dettata da una duplice esigenza che parla di diversificazione, tecnologia e innovazione: «Nel primo stabilimento svilupperemo e amplieremo la produzione di abbigliamento e cappelli; nel secondo, progetteremo e realizzeremo stampi, installeremo macchinari per la termoformatura di pelli, tessuti, cappelli, parti di borse e scarpe e allestiremo gli uffici per la progettazione grafica».
È l'ennesima svolta. E, nel comparto moda, avviene nel segno della pelletteria: una filiera che sta provando a prender piede nel Salento. L'idea di produrre gli stampi di alluminio - quelli che danno forma ai cappelli - deriva dall'assenza ormai prossima di artigiani in materia: «Ne è rimasto solo uno e sta in Toscana». Un affare di non poco conto. Per poter avviare tale lavorazione, Gaballo riferisce, infatti, di aver speso mezzo milione di euro nell'acquisto dal Giappone di un robot con 5 bracci: «Il macchinario trasforma in stampo il disegno proiettato in 5D. Dovevamo dotarcene - spiega - per conservare e attrarre commesse». Il domani? Se fossero gli anni 80 Gda impiegherebbe almeno 1.000 dipendenti: al posto delle decine di ricamatrici digitali che lavorano da sole occupando anche un intero capannone ci sarebbero persone. Gli spazi aziendali continuano a popolarsi. L'automatismo cresce in proporzione alla complessità delle lavorazioni ma, nel fashion, non potrà mai potrà intaccare l'intima sfera della ricerca e dell'ideazione - affidata dal gruppo a Piera Verardo - per ciascun prodotto: fonte di visione e continuità di ogni investimento. Il must di questa piccola, grande realtà.
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