Guerra in Ucraina, parla Giorgia Marrocco (Pimar): «Affari in tilt ma non importa: ora diamo un tetto ai rifugiati»

Guerra in Ucraina, parla Giorgia Marrocco (Pimar): «Affari in tilt ma non importa: ora diamo un tetto ai rifugiati»
di Pierpaolo SPADA
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Giovedì 10 Marzo 2022, 21:35 - Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 12:44

«Tutte le trattative commerciali che avevamo imbastito sono interrotte, ma poco importa. Dei nostri clienti ucraini adesso stiamo accogliendo i figli che sono diventati dei rifugiati di guerra». Chi parla è Giorgia Marrocco, amministratrice di Pimar srl, impero della pietra leccese.

Insieme al marito Raffaele Cazzetta, attivissimo imprenditore agricolo, da circa 6 giorni stanno offrendo alloggio in un appartamento di loro proprietà a due ragazze di Kiev.

«E in settimana attendiamo l’arrivo di due madri con i loro figli piccoli e di un’altra famiglia di Odessa.

Abbiamo tre appartamenti in cui accomodare tutte queste persone. Ma se dovesse essercene il bisogno - assicura -, siamo anche disposti a stringerci in casa».

La storia

Amelia e Anastasia hanno 18 anni, sono entrambe studentesse universitarie. La prima è figlia di un imprenditore che con Pimar collabora da diversi anni. L’altra è la sua amica. I loro padri sono rimasti a Kiev per combattere. La madre e il fratellino di Amelia, invece, potrebbero arrivare nel Salento nelle prossime ore. È partito tutto con un giro di telefonate, il 24 febbraio, giorno dell’invasione russa: «Grazie a mio fratello Giuseppe, abbiamo contattato i nostri clienti e offerto loro disponibilità a ospitarli. Inizialmente erano titubanti, speravano che tutto finisse nel giro di due giorni. Ma così non è stato. I genitori delle due ragazze lo hanno capito e si sono attivati, a differenza degli amici di Odessa che, invece, sono rimasti bloccati e ora con difficoltà stanno provando a raggiungerci. Stiamo aspettando che varchino il confine ucraino».

Vite sconvolte. Secondo quanto apprendiamo, Amelia, la madre, il fratellino e Anastasia si sono spostate dapprima nelle vicinanze di Kiev e poi, camminando per due giorni, hanno raggiunto la Polonia dove hanno trovato un campo profughi. Successivamente, hanno preso un volo diretto per Roma e dunque nel giro di poche ore si sono ritrovate a Cursi, dove Pimar ha sede e la famiglia della signora Marrocco abita.

«I primi giorni sono stati molti difficili», confida l’imprenditrice. La preoccupazione colma gli enormi tempi di attesa che le due ragazze sono costrette a patire per entrare in contatto con le rispettive famiglie, quando ciò accade. «Sono arrivate senza nulla. E noi stiamo cercando di prendercene cura con tutto l’affetto che siamo in grado di esprimere. Non vogliono sentirsi un peso. Sono persone che hanno una dignità fortissima e che si rendono conto di avere già perso tanto. Adesso stiamo pensando di farle venire in azienda per provare a farle interagire con altre persone e pian piano integrarle, perché loro per prime hanno la consapevolezza che sono arrivate in Italia e che da qui devono cominciare a costruire il domani, perché quel mondo da dove arrivano esiste ancora solo in parte. E noi dobbiamo accompagnarle in questo percorso difficilissimo. Come si costruisce qualcosa intorno a queste persone?» è ciò che anche questa famiglia si sta chiedendo. Invitiamo Amelia e Anastasia a parlare, a esprimersi. E loro ci rispondono inviandoci un lungo e profondo “urlo” di cui qui di seguito pubblichiamo uno stralcio.

Un urlo a due voci

È l’urlo di due voci che racchiudono in esse quella della nuova generazione ucraina. È rivolto soprattutto al popolo russo ma include anche note di gratitudine e orgoglio: «Com'è possibile che nel 21° secolo tu giustifichi il bombardamento di ospedali per la maternità, cliniche e città e villaggi pacifici in Ucraina? Hai accettato facilmente e silenziosamente il genocidio, la distruzione degli ucraini, che in precedenza chiamavi "popolo fraterno”. Il mondo sta cercando di mostrare cosa sta realmente provocando la crudeltà. Ma ti sei permesso di credere ciecamente alle parole criminali del tuo presidente, un dittatore senz’anima. Perché, con la forza delle armi e la forza della morte, stai cercando di venire in una terra straniera e farci credere nei tuoi ideali, ideali che non hai.

L’Ucraina è il Paese che ama e apprezza l'Europa e lo stile di vita europeo, non a parole, ma nei fatti, rispetta i diritti umani alla libertà di autodeterminazione. Dobbiamo rischiare la vita per fuggire dal paese. Avevamo le nostre vite. Ma le hai rubate. Avevamo programmi per le vacanze, avevamo lo studio e il lavoro preferiti, la routine preferita. Ora non abbiamo tutto questo e tutto ciò che possiamo fare è pregare affinché questo inferno finisca. Siamo stanchi di temere per la nostra vita e per quella dei nostri cari. Vuoi soggiogare ciò che non ti appartiene, ma dimentichi che gli ucraini sono persone forti e libere». Segue un intenso ringraziamento all’Italia e alla famiglia che le sta accogliendo. Poi, la conclusione, che sa di promessa e speranza allo stesso tempo: «Sappiamo per certo che l’Ucraina è imbattibile, crediamo nella, forza del nostro popolo attendiamo con impazienza giustizia».

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