«Vi faccio vedere, venite. Là, a destra, oltre quel muretto a secco ci sarà l'impianto. Ecco, se ora guardate a sinistra, vedete la mia casa. Quanti metri saranno? Cento, centocinquanta? Tutta la puzza mi entrerà dalla finestra». La signora Vincenza Congiu, cittadina leccese, vive a masseria Ghetta dal 1996: con una passeggiata di pochi minuti si raggiunge il sito proposto da Ager Puglia (su indicazione del Comune di Lecce) e che nei giorni scorsi ha ottenuto il via libera preliminare da parte del Ministero della Transizione ecologica.
Un progetto da 40 milioni di euro che sarà finanziato con i fondi del Pnrr e che, quindi, entro il 2026 dovrà vedere la luce. Una svolta per tutto il territorio salentino che finalmente avrà il suo primo impianto di trattamento della frazione organica dei rifiuti e di produzione di biometano e di compost. Davanti ad un Salento che litigava perché non voleva ospitare la struttura fu il sindaco di Lecce Carlo Salvemini a fare il passo avanti, qualche anno fa: «È giusto - disse - che anche il capoluogo salentino faccia la sua parte e ospiti l'impianto».
Muretti a secco e ulivi
In poco tempo il paesaggio cambia, iniziano i muretti a secco e dietro di essi la distesa di ulivi che, uno dopo l'altro, si sono arresi alla xylella. Il verde è diventato grigio. Ma la bellezza resiste e c'è una rete di imprenditori (Terre di Cerrate) che ha deciso coraggiosamente di fare leva su di essa per immaginare uno sviluppo diverso e che in parte è già realtà. Sono 13 imprese tra masserie, agriturismo e aziende agricole. «E ruotano tutte nel giro di tre chilometri da sito scelto per realizzare l'impianto di compostaggio -. Come può considerarsi questa un'area industriale? - chiede Fanny Azzolini della Tenuta Badessa, indicando il sito di masseria Ghetta in piena campagna -. Tanti imprenditori come me hanno investito in questo luogo, hanno allevamenti di bestiame e produzioni biologiche: tutto riconosciuto e certificato».
Le rassicurazioni («non è una discarica») non rassicurano. E come i sindaci di Surbo e Trepuzzi, anche gli imprenditori si stanno preparando a dare battaglia al sito. «Nessuno di noi è contro l'impianto di compostaggio - aggiunge Antonio Tafuro, la cui famiglia in zona gestisce tre strutture ricettive -. Ma farlo qua, quando ci sono tante aree industriali disponibili, a noi sembra una follia. Questa parte del territorio ha già dato: abbiamo un inceneritore di rifiuti ospedalieri, un cementificio e un'azienda che produce piombo. Ora basta perché il futuro che noi immaginiamo è un altro». Ed è legato al turismo. «L'Abbazia di Cerrate - racconta Francesco Leo di Masseria Melcarne - è diventato un grande attrattore: qui l'estate gira un mondo. Non è stato facile mettere tante teste insieme e fare rete, ma lo abbiamo fatto perché crediamo che l'accoglienza, la nostra agricoltura e i nostri prodotti facciano la differenza». Tra i tanti ulivi secchi si scorgono anche giovani piante.
La speranza
«Noi abbiamo speso 200mila euro per i reimpianti - dice Vittorio Trullo, legale rappresentante dell'azienda Fiorita - e la stessa cosa hanno fatto tanti altri imprenditori della zona. Questa parte del territorio è ricco di natura e di storia, ci sono enormi frantoi ipogei sotto queste strade, alcuni proprio a Masseria Ghetta. Cosa accadrà quando qui cominceranno a circolare decine di camion?». I timori sono tanti, il primo è quello di vedere vanificato il lavoro di anni, di chi ha preso queste masserie e le ha trasformate in strutture ricettive di alto livello, immerse nel silenzio e che vedono aumentare di anno in anno i loro ospiti. A volte molto illustri. «Volete vedere la suite di Chiara Ferragni?», scherza l'imprenditore australiano Rob Potter-Sanders aprendo le porte della sua Masseria (a 5 stelle) Trapanà, nata nel 2016 con un investimento di 3 milioni: in linea d'aria dista non più di 700 metri dal sito prescelto. «Ma è ridicolo - dice con un buon italiano -, certo che sono pronto a dare battaglia anche io. Qui ogni anno ci sono un sacco di star, vogliamo farle scappare via?».