Giuseppe e Cosimo, i pionieri: «Così coroniamo il nostro amore»

Una coppia omosessuale si scambia gli anelli
Una coppia omosessuale si scambia gli anelli
di Paola ANCORA
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Venerdì 2 Settembre 2016, 09:39 - Ultimo aggiornamento: 12:18

Passeranno alla storia della città come la prima coppia omosessuale che si è unita in matrimonio. Perché al di là delle formule in burocratese, al di là dei rigidi confini, persino lessicali, stabiliti dalla legge Cirinnà fra le nozze più classiche e le “unioni”, per Cosimo e Giuseppe di un matrimonio vero si tratta. Come vero è l’amore che li unisce da dieci anni a questa parte. E l’amore, si sa, se ne infischia d’essere definito con una parola soltanto. È, e tanto basta. Esonda, sborda, arriva prima delle parole e delle leggi. Stupisce, in una serata di settembre, a Parigi, quando Giuseppe ha chiesto a Cosimo: «Mi vuoi sposare?».

«Lo avremmo fatto altrove, in Spagna o in Portogallo. Poi abbiamo saputo che in Italia qualcosa si muoveva - racconta Cosimo, 36 anni - e allora abbiamo aspettato. Festeggeremo con i nostri amici».
La storia di questa coppia comincia su una spiaggia del litorale barese, nell’estate del 2006. «Ed è stato un colpo di fulmine». Giuseppe, introverso 39enne, ascolta il dolce racconto che il suo compagno e futuro marito fa della loro storia e, ancora prima, delle paure di due ragazzi omosessuali in terra di Puglia, nella bella, piccola e provinciale Lecce degli anni Novanta. «L’adolescenza non è stato un periodo semplice. Qualche stupido – dice Cosimo – lo si incontra sempre e ovunque. Poi si cresce, si prende consapevolezza di sé e quella paura la si impara a gestire, anche insieme agli altri. Il dolore è un grande maestro».
Il tempo scorre all’indietro, nelle parole di un uomo emozionatissimo all’idea di coronare il suo sogno il prossimo 9 settembre. «Siamo andati a convivere nell’autunno di quello stesso anno, a Bari, dove lavoravamo entrambi in ambito sanitario. Il tempo è volato». E nel 2008 Cosimo e Giuseppe scelgono di tornare a casa, fra le vie del barocco. «Volevamo stare vicini alle nostre famiglie, capire come saremmo riusciti a gestire la nostra storia e la nostra vita nella nostra città. Ed è allora che Lecce ci ha stupito. Non abbiamo incontrato difficoltà o diffidenza, neanche quando si è trattato di comprare casa. Siamo stati fortunati». Il mondo, insomma, e l’Italia, compresa la sua più estrema periferia, si è mosso con anticipo rispetto alla politica e alla legge.
«I nostri vicini sanno di noi, ci vogliono bene, viviamo in armonia, come una qualsiasi coppia». La normalità, però, ha finalmente trovato riconoscimento giuridico. «Anche se la legge Cirinnà – riflette Cosimo – è lacunosa, mancano ancora le direttive d’attuazione ed è tutto rimandato agli uffici comunali, dove molti impiegati non sanno, giustamente, che pesci pigliare. A Roma dimenticano che sono proprio quegli impiegati a dover dare risposte ai cittadini. E poi – rincara – c’è voluta una vita per avere dal Parlamento uno straccio di norma, persino incompleta visto che non parla di adozioni, quando sarebbe bastato un niente. Del resto, cosa togliamo agli altri? Nulla. Semplicemente conquistiamo un diritto». Che è il diritto sacrosanto a prendersi cura della persona amata senza nascondersi dietro a un dito, senza dover chiedere il permesso, senza dover elemosinare il favore di entrare in una stanza d’ospedale.
«Noi abbiamo comprato casa insieme, ho accudito Giuseppe per una vita e lui ha fatto lo stesso con me: se ci fosse successo qualcosa, in tutti questi anni, per la legge e lo Stato italiano Giuseppe sarebbe stato come un estraneo. Paghiamo le tasse, come tutti: oggi - continua Cosimo - ci è semplicemente stato dato ciò che ci spettava, anche se il percorso è stato lungo, troppo lungo. In Spagna c’è una chiesa a ogni angolo di strada eppure sono avanti di anni. Qui l’unione civile fra due persone dello stesso sesso è ancora considerata da qualcuno come un peccato mortale».
Così, fra omofobia e pruderie più o meno latenti, anche le famiglie, qualche volta, fanno fatica ad accettare.

Per eccesso di preoccupazione. Perché la strada meno impervia, per un figlio è l’auspicio naturale di qualunque genitore. «Le nostre famiglie sanno di noi - continua Cosimo - e preoccuparsi, per un genitore, è normale. Anche nel 2016: la “diversità” è avvertita come tale ancora oggi. Non tutti percepiscono come naturale che due uomini possano vivere insieme e amarsi e costruire, così, una famiglia. Ma penso che questa difficoltà sia alimentata anche da chi ostenta l’omosessualità: quando si manifesta per un diritto - sottolinea Cosimo - non vedo perché lo si debba fare in mutande. Non siamo un fenomeno da baraccone. Siamo esseri umani che si amano». Come si spera accada a tutti, almeno una volta nella vita.

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