Inchiesta case popolari, le Giunte di Camera e Senato riunite per il caso Marti

Roberto Marti
Roberto Marti
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Martedì 9 Aprile 2019, 08:17
Giunte di Camera e Senato riunite per stabilire se dare il via libera all'utilizzo delle intercettazioni in cui dialoga il senatore salentino Roberto Marti (Lega), per impiegarle poi nel fascicolo in cui risponde di avere favorito l'assegnazione al fratello del boss della Scu, Maurizio Briganti, di una casa confiscata alla mafia. Dopo tre riunioni interlocutorie, è arrivata la prima decisione per rispondere alla istanza fatta pervenire dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Giovanni Gallo.
Nella giornata di domani del caso Marti si occuperanno le due giunte per le autorizzazioni. A partire dalle 9.30, come all'ordine del giorno della convocazione: «Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche e comunicazioni nei confronti del senatore Roberto Marti, deputato all'epoca dei fatti».
E' stata, dunque, accolta la proposta del presidente della Giunta della Camera, l'avvocato Andrea Del Mastro Delle Vedove (Fratelli d'Italia), di investire del caso anche il Senato. Proposta presentata nella seduta del 27 febbraio e messa all'attenzione del presidente della Camera, Roberto Fico. Che, è evidente, ha condiviso questo orientamento.
Come proponente sarà anche relatore l'avvocato Del Mastro Delle Vedove, per riferire l'andamento di casi analoghi a quello del senatore Marti nell'attuale legislatura ed in quella passata. Andamenti, a volte, di segno opposto. Seguirà la discussione e probabilmente anche la decisione.
Di cosa di discuterà? Del caso trattato nella seduta del 13 febbraio e che ha riguardato il senatore campano di Forza Italia, Luigi Cesaro. Se ne era occupata la Giunta del Senato nella giornata del 28 gennaio, per respingere la richiesta del giudice per le indagini preliminari di Napoli Nord di utilizzare le intercettazioni telefoniche dell'inchiesta per voto di scambio, captate nel corso delle elezioni regionali del 2015 che videro il figlio fra i candidati. Siccome all'epoca Cesaro era deputato, la Giunta del Senato si dichiarò incompetente. E restituì gli atti al giudice.
«Il giudice richiede, entro dieci giorni, l'autorizzazione della Camera al quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate», l'indicazione fornita dal giudice Gallo nella richiesta inviata alla Camera.
Un principio che sembra poi essere stato adottato per Luigi Cesaro, tuttavia nella scorsa legislature le cose andarono in modo completamente diverso: per Denis Verdini si dichiarò competente il Senato anche se nel momento in cui fu intercettato appartenesse alla Camera. E non al Senato.
Se domani la Camera dovesse decidere di dichiararsi competente, prima di stabilire se autorizzare o meno l'uso delle intercettazioni saranno valutate le memorie degli avvocati difensori Pasquale e Giuseppe Corleto.
E.M.
 
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