Gallipoli, l'inchiesta sui parcheggi: «Sfruttamento agevolato dalla mala gestio del Comune»

Gallipoli, l'inchiesta sui parcheggi: «Sfruttamento agevolato dalla mala gestio del Comune»
di Roberta GRASSI
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Giovedì 29 Settembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13:59

«Sfruttamento del territorio, per un arco temporale ragguardevole, agevolato dalla mala gestio del territorio costiero da parte delle autorità locali», dice il gip: si parla di abusivismo nei parcheggi, un fenomeno che riguarda praticamente l’intero litorale di Gallipoli. Ma non solo. Non è solo sull’attività dei privati, titolari di aree o gestori di parcheggi che si concentrano le indagini della magistratura, del pm Alessandro Prontera e della guardia di finanza. Ma anche sui permessi concessi dal Comune e sul mancato adeguamento degli strumenti urbanistici per risolvere una volta per tutte la questione. 

Il gip: «Strumenti urbanistici inadeguati»

La premessa dell’intero provvedimento di sequestro che ha riguardato 25 siti, per 80 ettari e complessivi 4.500 posti auto, nei pressi di lidi e strutture varie è la seguente: «Preliminarmente - è riportato dal gip Alessandra Sermarini - si dimostra necessaria una breve digressione in merito agli strumenti di pianificazione urbanistica e costiera del Comune di Gallipoli, in quanto proprio la loro inadeguatezza e assenza ha permesso che nel tempo si consolidasse il modus operandi oggi oggetto di addebito cautelare». 
Del resto l’inchiesta è molto ampia. Sono 39 gli indagati in elenco, nel provvedimento cautelare eseguito martedì mattina. Ma il procedimento originario conta un numero superiore, sono 63: si sta vagliando, insomma, la conformità dei permessi e soprattutto le modalità con cui sono stati rilasciati. Permessi, secondo le contestazioni attuali: «Apparentemente provvisori, poi di fatto permanentemente rilasciati, privi delle necessarie autorizzazioni da parte degli enti preposti». 
«L’assenza dello strumento urbanistico - è precisato nel decreto - e l’inadeguatezza del Prgc a fronteggiare il crescente bisogno di posti auto, ha comportato l’utilizzo improprio dello strumento della delibera autorizzatoria che negli intenti e nel nome si paventava come contingente e straordinaria ma di fatto veniva elevata a prassi concessoria, per oltre un decennio, in violazione delle previsioni normative a tutela del territorio». 

L'analisi parte dal 2013

C’è un’analisi puntuale delle consuetudini più datate (a partire dal 2013) fino a quelle più recenti (fino al 2021). Per sottolineare quanto avvenuto nel tempo. La «conversione» in parcheggi di circa 80 etteari, fornendo «più di 4mila posti auto ogni anno a disposizione di strutture produttive e commerciali». 
Secondo l’impostazione accusatoria, si trattava di terreni agricoli. Tutti sottoposti a vincolo, molti dei quali ricadenti nel Parco naturale regionale “Isola di Sant’Andrea e litorale di Punta Pizzo”. Vicini al costone dunale, bene naturale sottoposto a estrema tutela per la sua fragilità. Nell’elenco c’è il Cotriero (situato tra Mancaversa e la zona del Pizzo) di cui è stata avvolta dai sigilli la parte non ancora smontata. Nel mirino il parcheggio del lido delle Bandiere tra Rivabella e Lido Conchiglie, il parcheggio dei lidi della società Costa Brada e delle Sirenuse srl, il parcheggio di Lido Pizzo, l’area sosta alle spalle dei lidi di Baia Verde, Punta della Suina, e di altri stabilimenti balneari.
Nel 2021, rilevano i magistrati, il Comune di Gallipoli ha deciso di modificare il sistema utilizzato negli anni precedenti.

Sì alle autorizzazioni per i parcheggi temporanei, ma solo previa acquisizione di autorizzazione paesaggistica, nonché del parere dell’Ente Parco. 

I pareri necessari

Tuttavia, viene fatto notare: «Veniva omesso il parere idrogeologico con la relativa procedura istruttoria». 
Scendendo nello specifico, sono analizzate le singole situazioni. La prima è il parcheggio di Punta della Suina: «Il Comune - scrive il gip - e in particolare l’ente costiero, era ben consapevole della condizione dei luoghi, ovvero del disastroso impatto ambientale causato». 
Insomma: «La sproporzione tra posti auto realmente disponibili e di fatto utilizzati e il limite di carico di un lungo tratto di costa, ha portato nelle ultime due stagioni estive alla distruzione di tratti di costa rocciosa e di deposito antico con abbassamento di decine di centimetri del piano di calpestio, nonché dell’erosione del fronte dunale e dell’utilizzo delle stesse dune, come spiaggia emersa per lo stanziamento dei bagnanti». 
Le esigenze cautelari? Motivate dalla durata (quasi un decennio) scrive il gip, delle presunte illiceità. E dal pericolo che venga «ulteriormente deteriorato l’ecosistema protetto dal vincolo». 
Una prassi - in sostanza - che, a parere di chi ha indagato e del giudice per le indagini preliminari, «ha sacrificato l’interesse della collettività gallipolina di conservazione e valorizzazione del patrimonio, a quello lucrativo in capo a pochi imprenditori». 

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