Cinquant'anni tra Roma e Cavallino, chi era Ninì Gorgoni

Cinquant'anni tra Roma e Cavallino, chi era Ninì Gorgoni
di Alessandra LUPO
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Giovedì 14 Maggio 2020, 10:53 - Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 12:56
Non un semplice politico ma uno di quegli uomini che da soli finiscono per rappresentare intere comunità, presso le quali il loro nome diventa sinonimo di potere, certo, ma anche e soprattutto di guida, quasi paterna, attraverso la Storia. Una figura in grado di connettere il destino del proprio territorio con quello nazionale, per un periodo di tempo oggi impensabile per la politica italiana: oltre mezzo secolo. Per più di cinquant'anni, infatti, Gaetano Gorgoni è stato un punto di riferimento imprescindibile per la classe dirigente salentina. Una carriera cominciata come avvocato penalista ma ben presto virata definitivamente verso la politica. Il suo esordio nelle istituzioni fu nel 1960: venne eletto consigliere provinciale a 27 anni e fu tra i protagonisti della politica provinciale fino al 1985 ricoprendo anche l'incarico di assessore alla Cultura, Beni Culturali, Caccia, Pesca e Turismo.
Dal 1963 fu consigliere comunale a Vernole, dove peraltro fu tra i promotori di una storica sommossa popolare cui si chiedeva al prefetto di commissariare il Comune per il mancato raggiungimento della maggioranza elettorale. Un clima arroventato che portò il piccolo centro a vedere in piazza le barricate e nelle strade il coprifuoco.
Ma Gorgoni fu anche consigliere a Lizzanello e Cavallino, poi al Comune di Lecce dal 1985 al 1992. Anni fondamentali per il Salento, che iniziava la sua uscita dall'isolamento. Di quel periodo in tanti ricordano l'amicizia di lunga data con un altro personaggio di spicco della politica dell'epoca, Antonio Lisi, per anni segretario provinciale del Partito Repubblicano salentino. Un sodalizio finito con uno storico litigio e la rottura che non si ricompose mai del tutto, tanto che Lisi passò in Alleanza Nazionale e venne poi eletto al Senato nel '94.
Dal 1992 al 2006 fu sindaco di Cavallino, il suo comune, dove tornò da vice nel 2011, quando si racconta che nonostante fosse il numero due della giunta, occupasse con il consenso di tutti la sala più grande del palazzo per il suo ricevimento del pubblico. Una sorta di rito.
D'altronde il prestigio di cui godeva nel suo paese era indiscutibile e anche gli avversari politici al di là dei veleni elettorali e dei rancori atavici lo tenevano in gran conto. Che fosse un'istituzione vivente non sfuggiva a nessuno. La sua vocazione politico-amministrativa lo aveva portato negli anni a ricoprire incarichi sempre più importanti: il suo nome fu inscindibilmente legato a quello del Partito Repubblicano Italiano nella Prima Repubblica, partito in cui si ritagliò ruoli di primo piano anche in virtù della profonda amicizia con Giovanni Spadolini, di cui era considerato il protetto. Tanto da consentirgli, negli anni Novanta, di celebrare proprio a Lecce, una città ancora sconosciuta ai più, la festa nazionale dell'Edera.
La sua carriera romana fu piuttosto articolata: eletto parlamentare nel 1983 alla Camera dei deputati, carica che mantenne fino al 1994, fu poi nominato sottosegretario di Stato ai Lavori Pubblici (anni in cui si interessò anche di opere pubbliche a Marghera e a Venezia) e poi alla Difesa con i due Governi di Bettino Craxi, nel 1983 e nel 1986. Dal 1989 al 1992 fece parte della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, della quale è stato segretario, entrando poi nell'ufficio di presidenza della stessa Giunta dal 1993 al 1994.
Una serie di incarichi che gli permisero di accumulare conoscenze e saperi e intanto tessere la trama sottile dei contatti, a tutti i livelli, senza mai spostarsi dal suo centro, la piccola comunità di Cavallino di cui è stato il simbolo indiscusso fino a ieri, quando si è spento alla soglia degli 87 anni. D'altronde, nonostante il suo giù da Roma e poi la parabola discendente del suo partito, Gaetano Gorgoni, per tutti Ninì, non ha mai smesso di alimentare il suo culto personale nella sua città, facendosi promotore di operazioni impensabili per il tempo, come i lavori di ristrutturazione del centro storico di Cavallino verso la metà degli anni 90, che resero la città un piccolo gioiello quasi a volersi fare invidiare da Lecce. Per non parlare del lavoro con l'Università, al fianco di Francesco D'Andria, destinando alla scuola di specializzazione in archeologia l'ex convento dei domenicani e la creazione del museo diffuso all'ingresso del paese. Negli ultimi anni, poi, gli incontri pubblici celebrati all'ombra della volta celeste affrescata, nella galleria del Palazzo ducale, un tempo di proprietà della Provincia e la ristrutturazione della adiacente sala degli affreschi pompeiani e dell'alcova.
Un tentativo, per alcuni versi riuscito, di riportare il suo comune agli splendori di casata del duca Sigismondo Castromediano, la cui statua campeggia al centro del paese, e di cui l'onorevole era lontano discendente da parte di madre. Ninì Gorgoni apparteneva infatti a un'antica famiglia aristocratica galatinese. Mentre suo padre, Mario, era stato a sua volta sindaco del paese. Lo stesso di cui oggi è sindaco Bruno Ciccarese Gorgoni, il nipote. In una linea di discendenza diretta, quasi monarchica.
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