Fidanzati uccisi, la scritta alla città col sangue delle vittime. Il gip: azione da serial killer. Il malore davanti alle foto dei corpi straziati

Fidanzati uccisi, la scritta alla città col sangue delle vittime. Il gip: azione da serial killer. Il malore davanti alle foto dei corpi straziati
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Giovedì 1 Ottobre 2020, 10:41 - Ultimo aggiornamento: 2 Ottobre, 16:18

Solo rabbia. Non ha saputo fornire nessuna altra spiegazione Antonio De Marco, 21 anni, di Casarano, del perché abbia voluto uccidere Daniele De Santis ed Eleonora Manta. Rispondendo alle domande giudice per le indagini preliminari Michele Toriello, del pubblico ministero Maria Consolata Moschettini e degli avvocati difensori Giovanni Bellisario ed Andrea Starace, ha escluso che il movente possa individuarsi in qualche contrasto, problema, screzio, disaccordo o altro maturato nella convivenza nella casa di Daniele ed Eleonora, dove è rimasto da ottobre dell'anno scorso fino a marzo e poi da luglio ad agosto. Nessun sentimento di rivalsa o vendetta nei confronti della coppia uccisa con 75 coltellate (precisato il numero dei fendenti: 38 per lui e 36/37 per lei) la sera del 21 settembre nell'appartamento al secondo piano di via Mondello, a Lecce, dove hanno convissuto. Mai preso in giro, i rapporti sarebbero stati superficiali e limitati al saluto e comunque cordiali.

L'OMBRA DELLA SERIALITÀ E LA SCRITTA COL SANGUE
Il rischio che possa essere un serial killer ha indotto il giudice per le indagini preliminari, Michele Toriello, a tenerlo in carcere (pericolo di reiterazione del reato). Tra i motivi, la scelta casuale delle vittime: il giovane studente universitario ha spiegato l'orrendo delitto di via Montello semplicemente con la necessità di sfogare una rabbia incontenibile. Altro elemento per la convalida del fermo e l'applicazione di un'ordinanza di custodia in carcere, aver messo in atto un'aggressione violenta e feroce, connotata dalla ritualità. La scritta che avrebbe voluto lasciare sul muro? Non avendo portato appresso pennarelli, ed avendo pianificato invece in ogni dettaglio la carneficina, il giudice si è convinto che avrebbe voluto usare il sangue delle stesse vittime. Nessuna scritta preordinata. Doveva essere un messaggio alla città, ma non è stato specificato sugli appunti quale, né lui lo avrebbe detto nel corso dell'interrogatorio. In uno dei bigliettini, nell'ambito della descrizione del progettato duplice omicidio - che sarebbe dovuto durare secondo le stesse previsioni dell'autore un'ora e mezzo - compare l'indicazione: "30 minuti, caccia al tesoro". Ma anche su questo punto Antonio De Marco non avrebbe fornito ulteriori spiegazioni o chiarimenti.

LE FOTO DEL MASSACRO E I CONATI DI VOMITO
Davanti al gip il giovane ha sostanzialmente confermato la confessione resa ieri in cui si parlava anche di un primo pentimento per quello che era accaduto. De Marco - che si trova in isolamento - sarebbe apparso scosso e provato ai legali, e a loro dire avrebbe preso coscienza della gravità dei suoi atti. Messo davanti alle fotografie del massacro compiuto con le sue mani, il giovane avrebbe accusato un malore guardando quei corpi martoriati, trattenendo a stendo dei conati di vomito.

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«Ha risposto a tutte le domande che sono state poste», hanno riferito lasciando il carcere di Lecce gli avvocati Andrea Starace e Giovanni Bellisario, difensori dello studente reo confesso del duplice omicidio dei fidanzati di Lecce. «Ha avuto un atteggiamento collaborativo con gli organi inquirenti e ha risposto a tutte le domande, è ancora molto scosso, molto provato». Sulla possibilità di chiedere una perizia psichiatrica, i due avvocati hanno risposto: «Dobbiamo valutare».
 

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Nelle ultime ore, in merito al movente dell'omicidio su cui resta ancora un grosso punto interrogativo per gli inquirenti, De Marco ha aggiunto di non avere avuto un coinvolgimento sentimentale nei confronti delle due vittime. «Né nei confronti di Eleonora e neanche di Daniele. Li vedevo pochissimo - ha detto -, una volta rientrato a casa mi chiudevo nella mia stanza e mi isolavo. Avrei avuto bisogno che qualcuno mi aiutasse, ma non ho chiesto aiuto a nessuno».
 
 

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