Ex Saspi, nuove analisi
ma servono 300mila euro

Ex Saspi, nuove analisi ma servono 300mila euro
di Paola ANCORA
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Mercoledì 12 Luglio 2017, 06:35 - Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 12:12
Sei anni sono trascorsi dall’avvio dell’inchiesta, ma la bomba ecologica dell’ex Saspi è ancora lì, intonsa, mai bonificata. Nonostante si trovi alle porte della città, in corrispondenza dello svincolo per Lizzanello della tangenziale est e nonostante sia, di fatto, un cimitero per circa 146mila metri cubi di rifiuti. Nessuna messa in sicurezza, nemmeno l’ombra di un piano di caratterizzazione avviato per procedere alla bonifica del sito dove i consulenti della Procura hanno accertato la presenza, nel 2014, di diossine e furani superiori ai livelli limite imposti per le zone industriali, figurarsi per quelle peri-urbane. Non solo. Nel ventre della terra, in altre porzioni di quella zona destinate a “verde pubblico”, ma di fatto incolte, sono stati rinvenuti policlorobifenili, idrocarburi e metalli pesanti, sempre in concentrazioni superiori al livello limite.
Oggi il Comune, con provvedimento del dirigente del settore Ambiente Fernando Bonocuore, ha deciso di affidare a un esperto e tecnico esterno, ancora da individuare, l’incarico di redigere un piano di caratterizzazione di quei rifiuti. E ha attivato gli uffici per «ricercare tutte le forme di finanziamento utili a recuperare le somme occorrenti», impegnando 36.668 euro. Per analizzare i rifiuti, ne serviranno, in tutto, circa 300mila.
 
L’accelerata impressa al procedimento è figlia anche delle richieste di chiarimento inoltrate a Palazzo Carafa dal ministero dell’Ambiente, che il 27 gennaio scorso ha chiesto di avere «tutte le informazioni in merito allo stato di avanzamento del progetto di messa in sicurezza dell’area».  Poi il 24 febbraio, la Regione Puglia «ha ricordato al Comune che il procedimento relativo all’approvazione ed esecuzione del piano di caratterizzazione non risulta concluso, sollecitando la produzione di un nuovo piano e di una analisi di rischio ai sensi del Codice dell’Ambiente». Questo perché già nel 2013 Palazzo Carafa aveva presentato a Bari una proposta di piano limitato, però, all’area di stretta pertinenza dell’ex inceneritore e alla richiesta di avere i fondi necessari per procedere, la Regione rispose di ampliare quel piano, inserendovi anche l’area limitrofa all’impianto. Poi, più nulla si è saputo. Fino al 2014 e ai campionamenti effettuati dalla Procura nell’ambito dell’inchiesta avviata nel 2011.
Un copione già visto in altre occasioni e per altre emergenze ambientali: scoperti i veleni sversati dai privati, la burocrazia arranca, incapace di correre con la velocità necessaria per porre fine all’inquinamento, e con le istituzioni a mani legate per la cronica carenza di risorse. Perché bonificare costa salato. E costringere i responsabili a ripulire si rivela, troppo spesso, impresa ardua, quando non impossibile.
Lo scorso marzo, Bonocuore ha trasmesso a Provincia, Regione, ministero, Arpa e alla Procura, «una comunicazione preliminare all’emanazione da parte della Provincia dell’ordinanza nei confronti dei responsabili dell’inquinamento e dei proprietari», con la quale si chiede bonifica e messa in sicurezza della zona, oltre che il ripristino dell’area dell’ex Saspi. In aprile, poi, l’allora Giunta Perrone ha incaricato proprio Bonocuore di provvedere a predisporre un nuovo piano di caratterizzazione non solo per l’area dell’ex inceneritore Saspi, ma anche per quella limitrofa dell’ex discarica, «facendo salva e impregiudicata la rivalsa nei confronti dei responsabili della contaminazione e dei proprietari dei terreni».
Il Comune, insomma, dovrà analizzare ed eventualmente bonificare tutto, con denaro dei cittadini. Nella speranza, un giorno, di rivalersi sugli autori dello scempio. Sempre che questa, dopo tanti anni, sia la volta buona.
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