E l'altra piazza contesta e urla: «Hai offeso i meridionali per anni»

E l'altra piazza contesta e urla: «Hai offeso i meridionali per anni»
di Stefano MARTELLA
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Maggio 2019, 13:07
A separare le due piazze di Matteo Salvini, una dei contestatori e l'altra dei sostenitori, c'è un grande spazio vuoto che parte poco prima la statua di Sant'Oronzo e arriva fino alla chiesa di Santa Maria della Grazia, dove c'è il palco. Al centro una decina di giornalisti e fotografi riprendono la frattura, il solco tra due mondi ormai inconciliabili. Quella lingua di cemento vuota, creata in piazza Sant'Oronzo per motivi di sicurezza, divide due pezzi di Lecce, due volti d'Italia. Due mondi che non si parlano. Si urlano contro. La tensione è palpabile, le forze dell'ordine consentono l'accesso in piazza col contagocce, fra semplici curiosi e turisti disorientati. Al centro, isolati da un imponente cordone di polizia, c'è l'altra parte della piazza, quella dei contestatori, gremita di gente e variegata sotto il profilo dei partecipanti. C'è una nutrita presenza del Movimento No Tap, la Cgil, Casa delle donne, l'associazione Treno della Memoria e numerose associazioni studentesche e per la difesa dei diritti civili. Presente il mondo dell'accoglienza, rappresentato da Gus, Arci e Cooperativa Rinascita. Ma fuori dalle sigle ci sono decine di docenti universitari e insegnanti delle scuole superiori, avvocati, imprenditori. Decine di persone qualunque. Lo speaker, dal palco, prende la parola e invita alla tolleranza. Il brusio aumenta e iniziano i primi cori: Tutta Lecce odia Salvini. Lo speaker, per tutta risposta, replica mandando a quel paese. Con buona pace della tolleranza. Poco dopo il ministro prende la parola e la piazza scalpita, i fischi aumentano. Dal palco il ministro bolla i contestatori come «gente che non ha voglia di lavorare», come «figli di papà con le tasche piene di soldi». Piovono applausi e fischi, le due piazze continuano a duellare. Un anziano signore, un imprenditore della zona, scuote la testa, afferma di aver lavorato una vita e che non è mai stato un figlio di papà, ma comunque non approva l'atmosfera di odio che Salvini starebbe alimentando. Teme per il futuro dei suoi nipoti. Non vuole però che il suo nome compaia. «Lasci perdere, c'è un brutto clima» dice motivando il suo anonimato. Chi non si tira indietro è invece Andrea Pignataro, responsabile del Gus (Gruppo Umana Solidarietà): «Siamo qui per ricordare a Salvini che ognuno può esprimere la propria opinione senza che sia sospeso, perseguito e indagato afferma Pignataro - siamo contro il suo attacco ai diritti civili e umani». Tra i partecipanti c'era anche Giovanni Chiriatti, della storica casa editrice Kurumuny: «È veramente triste ed emblematico che un ministro, per un comizio, debba essere blindato, isolato da uno schieramento del genere di forze dell'ordine. Vuol dire continua Chiriatti - che si è creata una divisione netta fra un membro dello Stato e i cittadini, quando invece un rappresentante delle istituzioni dovrebbe unificare, non separare. È preoccupante come dinamica. C'è una tensione sociale che ricordo in tempi passati e che speravo fossero ormai lontani. Per me, in questo momento, è importante far sentire il proprio dissenso verso chi ha sdoganato il fascismo e la violenza».

L'antifascismo è dunque l'altro sentimento che sembra essersi rinsaldato. Sono numerosi i cori e gli striscioni che inneggiano alla liberazione e alla resistenza. Caccia li sordi, è l'altro stendardo che campeggia in piazza Sant'Oronzo, riferendosi ai 49 milioni di euro che la Lega deve restituire allo Stato. Alessia Caiazzo, del collettivo universitario FreeD.A. afferma che «Salvini rappresenta un'ideologia politica pericolosa e intollerante. Chiudere i porti, vietare la libertà di pensiero e di espressione, strumentalizzare la condizione delle minoranze e delle donne, sono tutti elementi che rappresentano la politica salviniana, un ritorno a un passato oscuro». E qualcuno urla: «Hai offeso i meridionali per anni». Dopo il discorso del ministro, è il momento dei selfie e video, come quello che ha fatto impazzire i social in cui si vede un ragazzo che sale sul palco per essere immortalato insieme a Salvini, ma che poi, proprio nel preciso istante dello scatto, pronuncia la frase «non siamo più terroni di merda» lasciando sbigottito il premier della Lega. E intanto la piazza dei contestatori intona gli ultimi cori e anche Bella ciao. Poi lo sciame umano lascia lentamente il basolato. Le due piazze si disperdono nelle vie del centro storico, senza particolari tensioni. È il solco, quella lingua di cemento che ha separato un pezzo di cittadinanza da un pezzo dello Stato, a rimanere oltre il comizio e rischiare di allargarsi ancora.
© RIPRODUZIONE RISERVATA