Dopo il carcere una vita da coach
un passo per volta

Dopo il carcere una vita da coach un passo per volta
di Alessandra LUPO
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Lunedì 22 Maggio 2017, 19:48 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 12:30
Quella che vi raccontiamo non è una storia collettiva ma quella di un uomo singolo, una storia di vita che può valere come esempio per molti. Soprattutto per quelli, i tanti, che in un momento della loro vita hanno pensato di non potercela fare. È una storia di riscatto, ma soprattutto di fiducia in se stessi e di un intima rinascita personale.
Il protagonista di questa storia si chiama Marco Barba, ed è un imprenditore leccese di 39 anni, che nel tempo ha saputo costruire una stabilità economica per la sua famiglia. Apparentemente una vicenda come tante, fatta di impegno e sacrifici, ma con una peculiarità: la sua strada è partita dal fondo del baratro, da dove alcuni non riescono a risalire. E da quel fondo, una cella lontana da casa con davanti 8 anni di carcere da scontare nella più completa solitudine, è cominciata la sua nuova vita.
«Sono passati diversi anni, da quando il rumore di un grande cancello, chiudeva alle spalle un pezzo di vita fatta di eccessi e cattive abitudini», racconta Marco nell’incipit del suo libro, “Dalla Strada al Successo cambiando abitudini”, che uscirà a breve e che esplicita le strategie e le fasi che gli hanno permesso di “cambiare vita”.
Un viaggio iniziato dalla cella del carcere di Brescia, dove venne spedito dopo l’arresto per rapina a mano armata nel Salento. Era il 2000, fu una discesa agli inferi, ma anche il fondo che talvolta è necessario toccare per cominciare la risalita.
«Se penso a tutte le fatiche per riprendere le redini della mia vita, un caldo brivido ripercuote i miei pensieri e partorisce un’energia quantistica, pronta ad essere condivisa con chi, in questo momento, sta affrontando delle difficoltà così forti da condizionare la propria vita», racconta Marco che oggi ha una bellissima famiglia ma soprattutto – dopo molte prove individuali - ha sposato un percorso “collettivo”, trasformandosi in un “coach”, una di quelle figure chiave della società contemporanea, a metà tra maestri e psicologi, un po’ come i vecchi saggi delle antiche tribù, cui ricorrere nelle situazioni critiche. Figure che in qualche modo aiutano gli altri ad aiutarsi e a realizzare se stessi, ritrovando il bandolo della matassa quando la situazione sembra ormai così intricata e compromessa da non vedere più il futuro. Per lui d’altronde il “clic” dell’interruttore arrivò grazie a un libro sull’argomento: “Le sette regole per avere successo” di Steven R. Covey, preso in prestito proprio nella biblioteca del carcere. Qualcuno potrebbe obiettare che la scelta era già frutto di un orientamento, ma di certo c’è che da allora Marco ha studiato (tanto) dentro e fuori dal carcere, dove si è diplomato lavorando da ragioniere all’interno della struttura e da cuoco fuori. Grazie a una cooperativa sociale ottenne l’affidamento in prova e fu allora che durante uno dei permessi per tornare a casa conobbe la sua futura moglie. Le raccontò subito tutto. «Niente segreti». Dopo pochi mesi lei era incinta della loro prima figlia (che ora ha undici anni) e dopo qualche anno arrivò anche un secondo bambino.
Marco era tornato a casa, “con un sacco nero sulle spalle” e allo sguardo scettico del padre che gli chiedeva “che intenzioni avesse” rispose già con una frase da coach. Lavoro che oggi lo porta in giro per l’Italia a “insegnare” crescita personale. Il resto è storia. Anzi una parte della storia. Visto che oggi lui ha talmente preso gusto alla sfida da diventare l’unico partecipante del Salento al “Master Internazionale in Coaching ad Alte Prestazioni” finalizzato alla certificazione di Real Result Coach. Chi conosce l’argomento sa che non è roba da poco. Non è un caso, infatti, che ora abbia deciso di fare il grande salto (un altro), lasciando le redini dell’azienda di famiglia a sua moglie per dedicarsi esclusivamente alla sua nuova strada: crescere e trasformarsi insieme agli altri. E nel mezzo concedersi anche altri piccoli grandi traguardi, come quello della “Maratona di New York” cui ha partecipato lo scorso anno. Un gioco, ma fatto con la consapevolezza che nessuno possa più fermarlo
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