Il cuore antico di Lecce? Oggi «un suk, una mangiatoia».

Il cuore antico di Lecce? Oggi «un suk, una mangiatoia».
di Leda CESARI
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Sabato 28 Luglio 2018, 16:32 - Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 18:08
Il cuore antico di Lecce? Oggi «un suk, una mangiatoia». Secco, deciso, don Antonio Bruno, a capo delle tre parrocchie del centro storico della Cattedrale, di Santa Croce e di San Matteo, curate in tandem con don Giancarlo Polito - non usa mezzi toni e mezze misure per raccontare il suo punto di vista. Un centro storico, a suo dire, trasformato in «un luogo di consumo mordi e fuggi» dove l'arte e la storia passano in secondo piano. E, anzi, sono mortificate e svilite nella loro secolare bellezza.
Arriva l'estate e i problemi del centro storico di Lecce si acuiscono. E lei, oltre che residente, è anche un osservatore privilegiato, don Antonio. È preoccupato?
«Già. Lecce è il suo centro storico, non si viene per altro. E avendo permesso l'apertura indiscriminata di pub e locali, oggi è uno spazio preso d'assalto da migliaia di persone che vogliono bere, mangiare e vivere la movida, a volte senza neppure alzare lo sguardo verso l'alto per ammirare l'arte che è tutt'intorno. Con gravi conseguenze».
Quali sono queste conseguenze?
«Tavoli, botti, menù, totem sono elementi di distrazione che oscurano l'atmosfera di una volta: laddove regna la legge del commercio, il dio Denaro, tutto passa in second'ordine. Fino a qualche anno fa la gente veniva a Lecce per ammirare il barocco, per sentirsi riscaldare il cuore dal calore della pietra e per vivere, perché no?, un'esperienza spirituale di pace e contemplazione. Le nostre chiese furono così finemente ricamate per fare da trait d'union tra cielo e terra, perché la bellezza dell'arte rimandasse alla Bellezza di Dio. Benedetto XVI, pensando a Lecce, disse: La bellezza dell'arte trasforma in bellezza la vita. Oggi il turismo di massa ha cancellato questa vocazione spirituale del centro storico e il decoro urbano ha toccato il fondo. E poi, mi scusi, c'è anche la questione del decoro del corpo si entra in chiesa praticamente in costume da bagno e con la lattina, come sulla spiaggia. E di spettacoli scandalosi, in piazza Duomo, in questi anni ne ho visti fin troppi. Le scalinate delle chiese sono luogo di bivacco e alcuni locali, con cartelli, invitano addirittura i clienti ad usare le scale delle chiese. Questo non è certo il tipo di turismo di cui ha bisogno una città d'arte, bella ed elegante come Lecce. Ma se noi offriamo solo la mangiatoia, questo arriva».
Non è solo un problema di bellezza violata, lei dice, ma anche di sicurezza. Cosa vuol dire?
«Vedo sicurezza solo per le ragioni dei commercianti, non per altri. Perché la sera, soprattutto dopo una certa ora, succede di tutto, nel centro storico: alcol a fiumi, spaccio di droga e violenza. E per i nostri anziani e malati? Se qualcuno si sente male, sapete quali gimkane deve fare l'ambulanza per attraversare il centro storico? E dove sono le vie di fuga? E perché i residenti devono essere costretti, per uscire e rientrare a casa, a fare i conti con le occhiatacce e gli insulti di chi bivacca ai tavolini? E perché si devono ritrovare all'improvviso una canna fumaria puntata verso la camera da letto? E vogliamo parlare degli angolini dedicati alla pipì che rendono impraticabili corti e vicoli? E la storia dei permessi?».
Ce l'ha con il traffico?
«Molti parrocchiani mi dicono che tanti non avrebbero il diritto di entrare e parcheggiare nella Ztl per cui spesso l'auto dei residenti deve essere lasciata fuori con notevoli disagi per molti anziani costretti a vivere agli arresti domiciliari. Se offriamo un servizio, quale può essere quello dell'enogastronomia, poi dobbiamo pensare a tutta un'altra serie di servizi».

E' un problema di scelte amministrative?
«Assolutamente no. Non è un problema politico attuale; Lecce vive questa condizione già da qualche decennio. E' un problema sociale e culturale che potrebbe e dovrebbe essere risolto con nuove politiche più attente all'arte e all'uomo. E se Quotidiano, qualche giorno fa, parlava di Far West per i controlli che danneggerebbero gli esercenti, io vorrei sottolineare il Far West delle licenze. Probabilmente troppe e, forse, rilasciate senza considerare l'impatto ambientale e culturale sui luoghi, e la capacità oggettiva del centro storico di accogliere e reggere tante persone».
Tutto brutto, don Antonio?
«A qualche critica vorrei abbinare anche alcuni fiori all'occhiello che innalzano notevolmente il livello del turismo che giunge in città: è gratificante osservare nelle chiese quei gruppi organizzati, per lo più formati da famiglie e da adulti, che arrivano e rimangono in silenzio, quasi estasiati e molto attenti a quanto le guide raccontano in tutte le lingue. È il salto di qualità che merita il nostro centro storico. Non vorrei sbagliarmi, ma sono convinto che questo tipo di visitatori sono molto più funzionali all'economia di tanti altri che preferiscono, invece, la movida».
Ma lei vorrebbe un centro storico-museo?
«No. Anche se sarebbe stupendo, mi rendo conto che non si può tornare indietro. Però chiedere un maggior rispetto delle regole sì, e anche considerare con più attenzione i problemi dei residenti e rispettare i monumenti, per preservare quella bellezza con la B maiuscola di cui abbiamo goduto fino a 20 anni fa. Non mi sembra giusto trovare quasi ogni anno i fondi per una serata a tutto volume, da dedicare alla musica di massa, e poi sentirci dire non ci sono soldi quando ci viene chiesto di tenere aperte le chiese nel periodo estivo».

Ma così si blocca il progresso...
«Progresso? Innanzitutto dobbiamo stabilire progresso di che cosa. Cosa deve procedere verso il meglio? Immagino si tratti dell'uomo e della tecnologia ad esso asservita. La bellezza dell'arte, nel nostro caso il barocco, potrebbe essere un presupposto per individuare quei valori che consentono di parlare di progresso. Che, lo ricordo, non è privilegiare il bene di pochi a scapito dei diritti di tanti. Progresso è quando si decide tutti insieme per il bene comune e la crescita integrale della personaOggi invece si sentono solo odori nauseabondi di fumi vari, alcol e urina, quando si passa per il centro storico di Lecce. E il barocco che rende Lecce famosa in tutto il mondo si sbriciola per mancanza di fondi da destinare ai restauri».
Si farà molti nemici, don Antonio...
«Io dico solo che non può essere il commercio a regolare la vita del centro storico. Anticamente le putee, le botteghe, ti facevano respirare l'aria della gente che con l'arte, la fede e le tradizioni, scandiva le tappe del vero progresso, collettivo e della persona, non del commercio e basta. Forse sarebbe bene cominciare a ricordarselo».
 
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