«Case popolari, così i politici frenavano gli sgomberi degli inquilini abusivi»

«Case popolari, così i politici frenavano gli sgomberi degli inquilini abusivi»
di Alessandro CELLINI
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Giovedì 27 Giugno 2019, 08:08 - Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 08:42

«Più volte abbiamo ricevuto pressioni affinché gli sgomberi venissero ritardati». A parlare è l'avvocato Sandra Zappatore, direttore di Arca Sud Salento, ex Istituto autonomo case popolari, che ieri è stata chiamata a testimoniare nel processo che vede tra gli imputati gli ex assessori Attilio Monosi e Luca Pasqualini, nonché dirigenti e funzionari di Palazzo Carafa. Proprio Monosi e Pasqualini, e anche l'ex sindaco Paolo Perrone, ha chiamato in causa la Zappatore quando ha parlato delle ingerenze riscontrate nella gestione delle pratiche di sfratto. Perché se è vero che gli sgomberi spettavano ad Arca Sud, è altrettanto vero che senza un coinvolgimento del Comune era impossibile portarli a termine. E quel coinvolgimento, quando c'è stato, è stato di segno opposto alle aspettative. «Cercavano insistentemente di rinviare lo sfratto», ha spiegato la dirigente. Come? «Gli assessori si esponevano in prima persona per evitare gli sfratti; oppure si impediva l'intervento della polizia municipale con la scusa che non fosse di competenza dei vigili urbani un intervento di questo tipo».

La testimonianza-fiume si è svolta ieri pomeriggio nell'aula bunker del carcere di Lecce. E non è finita: il controesame della teste da parte dei difensori degli imputati continuerà nella prossima udienza, fissata per il 25 settembre. Già ieri, tuttavia, la Zappatore ha ribadito in maniera chiara quanto più volte aveva spiegato in passato: e cioè che sul tema degli sfratti è mancata la collaborazione da parte del Comune. «Un pessimo rapporto», ha aggiunto. Del resto non molto tempo fa ha ricordato come furono proprio Monosi e Perrone a chiedere la rimozione dal suo incarico al presidente della Regione. E ieri ha raccontato un episodio tra i tanti che sono avvenuti nel corso degli anni: durante uno sfratto, uno degli abusivi avrebbe contattato Monosi, che a sua volta avrebbe parlato al telefono direttamente con l'ufficiale giudiziario, convincendolo a non portare a termine le operazioni.

Non si tratta comunque di circostanze nuove. Tutt'altro. La Zappatore in aula non ha fatto altro che ripetere quanto aveva messo nero su bianco in diversi documenti ufficiali, e tra questi una relazione di servizio dell'11 febbraio 2013 e una nota datata 18 gennaio 2016. In quest'ultimo documento, la dirigente di Arca Sud, in maniera netta riepilogava l'attività del Comune di Lecce rispetto alla questione degli sgomberi: «Provvedimenti di annullamento emessi negli ultimi cinque anni: zero. Provvedimenti di decadenza: zero. Provvedimenti di accoglimento o diniego delle richieste di sanatoria: zero. Provvedimenti sindacali per contestare le occupazioni abusive: zero. Eppure - scriveva la Zappatore - agli atti dell'Ente risultano svariate richieste di accertamento sulla regolare occupazione di singoli alloggi di edilizia residenziale pubblica non evase; mentre non si ricordano accertamenti autonomi della polizia municipale o dell'ufficio Casa, tesi a denunciare situazioni di occupazioni abusive o irregolarità nella detenzione degli alloggi».

Insomma, una interlocuzione praticamente nulla con Palazzo Carafa. Quindi l'affondo, ribadito poi anche ieri in aula: «Si segnala la condotta dilatoria dell'amministrazione comunale per la quale dapprima occorrerebbero per la definizione delle pratiche i dati tecnici degli immobili, salvo poi con successiva nota chiedere la diretta evasione delle pratiche all'Arca Sud Salento». Ma i provvedimenti «di annullamento, decadenza e regolarizzazione delle occupazioni abusive - ricorda la dirigente nella stessa nota - non possono essere adottati dall'ente gestore del patrimonio pubblico. È altresì evidente che l'interpretazione normativa dell'amministrazione comunale provoca danni, essenzialmente sociali, derivanti dal mancato scorrimento della graduatoria». E per questo motivo Arca Sud, all'epoca, chiese alla Regione di sostituirsi «al Comune inadempiente».

Lapidario fu anche il commento del giudice per le indagini preliminari Giovanni Gallo, nell'ordinanza di custodia cautelare che provocò un vero e proprio terremoto politico: la nota del direttore di Arca Sud è «molto rilevante», perché «riassume le modalità operative del Comune di Lecce negli anni 2010/2015 nella gestione degli alloggi popolari; emerge con chiarezza - scriveva il giudice Gallo - la consapevole e intenzionale inerzia dell'amministrazione comunale di Lecce».

Quella ordinanza, ora, è superata: nel senso che sarà il processo a delineare ruoli ed eventuali responsabilità nell'ambito delle vicende riscontrate nel corso delle indagini.

Di certo le testimonianze emerse ieri - non solo della Zappatore ma anche della ex compagna dell'uomo che con le sue denunce diede il via alle indagini - rappresentano un duro colpo per gli imputati. Ora la palla passa al collegio difensivo: toccherà agli avvocati cercare di dimostrare l'estraneità ai fatti di Monosi e compagni.

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