"Destini", quando la vita vince: Clio Evans ed Emanuele Spedicato si raccontano agli studenti

Un momento dell'incontro al Liceo scientifico statale Leonardo Da Vinci di Maglie
Un momento dell'incontro al Liceo scientifico statale “Leonardo Da Vinci” di Maglie
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Sabato 14 Gennaio 2023, 17:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 04:51

Continua il tour di presentazioni del libro scritto a quattro mani da Clio Evans ed Emanuele Spedicato intitolato “Destini. Due cuori e la vita che vince” edito da Mondadori. L’attrice e il chitarrista dei Negramaro sono stati ospiti del Liceo scientifico statale “Leonardo Da Vinci” di Maglie dove, nell’auditorium gremito di studenti del quarto e quinto anno, hanno raccontato la loro esperienza di vita confrontandosi con i ragazzi e dialogando con la giornalista Eleonora Leila Moscara e con l’avvocato Carlo Ciardo.

L'incontro a scuola

A introdurre l’incontro, la dirigente dell’istituto magliese Annarita Corrado: «Questo è un giorno che ricorderemo per sempre nella nostra vita, - ha dichiarato - l’esperienza che Lele e Clio condividono oggi con noi sarà d’aiuto nei momenti più bui della nostra vita. La vita è fatta di gioie ma, anche e soprattutto di dolori, e il loro messaggio di positività e di speranza sarà un faro che ci guiderà quando il buio oscurerà i nostri giorni».

Visti da fuori, Lele e Clio, sono una giovanissima coppia baciata dalla fortuna, dalla bellezza e dal successo. Ma la vita non ha lesinato nulla ai due, e la verità è un'altra. Nel libro che hanno scritto, i genitori dei piccoli Ianko e Diana raccontano di come hanno attraversato l’inferno prima di essere la famiglia felice di oggi. Delle due tragedie che hanno vissuto, una la conosciamo bene ed è quella di Lele colpito da ictus emorragico il 17 settembre di quattro anni fa, l’altra è quella di Clio che, a 20 anni, scopre di avere un tumore al cervello e viene ricoverata d'urgenza dopo un mal di testa lancinante.

Oggi Lele e Clio sono uniti da una forza tangibile e indistruttibile e, attraverso il libro, cercano di infondere la stessa energia e spinta a reagire a chiunque stia soffrendo. «Per me quel 17 settembre è un giorno benedetto, - ha più volte asserito Lele, ricordando quella mattina che fu fatale - quel giorno io sono rinato.

Io ero nel pieno dei miei 38 anni – ricorda - Correvo 10 chilometri e mantenevo i miei 11 minuti di plank ogni giorno. L’immagine che avevo di me era sui palchi degli stadi con i Negramaro. Dopo quei 10 giorni di coma non riuscivo nemmeno a stare seduto, mi sostenevo con delle corde legate alla sedia. Per motivarmi mi dicevo che avrei dovuto prendere in braccio mio figlio Ianko che stava per nascere e che, un giorno, avrei voluto correre una maratona, pur non riuscendo nemmeno a stare in piedi. Dopo le prime settimane di riabilitazione a Roma, quando siamo tornati in Salento, ho incontrato Francesco Tancorra. Grazie a lui e alla sua passione per la corsa, è nato il progetto Lelerun e un gruppo fantastico che organizza manifestazioni benefiche. Oggi corro 9 chilometri. – ha concluso Lele - Non è vero che si vive una volta sola».

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