Bloccato a Dakar sulla nave carica di cocaina: «Quella droga l'abbiamo trovata e consegnata noi, ora aiutateci»

Matteo Muci a bordo della Grande Nigeria
Matteo Muci a bordo della Grande Nigeria
di Paola ANCORA
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Giovedì 27 Febbraio 2020, 12:46 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 18:25

Senza passaporto, costretti sulla nave loro malgrado e nonostante siano stati proprio loro, i marinari, a trovare e consegnare alle autorità la droga nascosta a bordo della nave sulla quale lavorano. E' la kafkiana vicenda che vede protagonista un giovanissimo allievo ufficiale di coperta salentino, Matteo Muci, 19 anni, di Leverano, nel Salento, e altri quattro italiani, bloccati da un mese a Dakar, a bordo della “Grande Nigeria”. Il cargo è sotto sequestro dallo scorso giugno, quando i doganieri scoprirono che trasportava verso l'Europa circa otto quintali di cocaina. Trascorsi diversi mesi da quel sequestro, il rivenimento di un'altra partita di stupefacente, la consegna e la decisione delle autorità senegalesi di ritirare i passaporti anche al nuovo equipaggio, impedendogli di lasciare la nave e sorvegliandolo giorno e notte con telecamere e guardie di un'agenzia privata di security, la Bsi.
 

 


«Siamo in questa situazione dal 25 gennaio scorso - si sfoga Matteo, allievo ufficiale di coperta, raggiunto per telefono questa mattina - e nessuno interviene per aiutarci. Siamo stati noi a rinvenire gli stupefacenti e consegnarli alle autorità, siamo tutti nuovi e siamo arrivati a Dakar in aereo, quando la nave era già ormeggiata nel porto e già sotto sequestro. Eppure non ci è consentito scendere a terra o tornare a casa, in Italia».



Per comprendere cosa sia accaduto a questo cargo e al suo equipaggio bisogna fare un passo indietro, insieme a Matteo che racconta a Quotidiano tutta la storia: «Lo scorso giugno questa nave è stata sequestrata dopo un controllo alla dogana, lungo la sua solita rotta, che dal Brasile giunge nel Nord Europa passando per i porti africani. A bordo, sono stati rinvenuti otto quintali di droga». Dopo quella vicenda, la “Grande Nigeria” ha cambiato completamente il suo equipaggio, composto da 22 persone: un uomo di nazionalità rumena, uno di nazionalità bulgara e 15 marinai provenienti dalle Filippine. Matteo si imbarca il 20 dicembre, arrivando sulle coste del Senegal - terra di pescatori - in aereo. 

«La nave era già sotto sequestro - continua il 19enne di Leverano - e non ci siamo mai mossi dal porto. In questa situazione si provvede alle attività di manutenzione ordinarie». Ed è proprio nel corso di una di queste attività che l'equipaggio, nella bocca di aerazione di poppa, rinviene altri quattro borsoni sospetti, contenenti - si scoprirà poi - 120 chili di droga. 

«A quel punto - dice ancora Matteo - noi abbiamo consegnato tutto alle autorità competenti. Ma il 30 gennaio ci hanno ritirato i passaporti e tutti i documenti sono ora in mano al procuratore locale, che da oltre un mese non ci da alcuna notizia». Insieme a Matteo, altri quattro connazionali sono bloccati a Dakar: il comandante della nave, originario di Trapani (ma che conserva il passaporto e può scendere a terra), un ligure e due marinai di Napoli. «Abbiamo chiesto l'intervento dell'ambasciata, che sostiene di “seguire il caso”, ma se non fosse stato per me e i miei genitori nessuno sarebbe a conoscenza di questa storia. Non interviene lo Stato, non interviene la società Grimaldi Lines, non ci ascolta nessuno. Così mi sono rivolto al Cosmar, il sindacato nazionale marittimi, che sta lavorando per aiutarci. Noi pensiamo che quegli stupefacenti siano stati caricati nel corso dell'ultimo viaggio fatto dalla nave, ma noi non c'entriamo nulla: a giugno non c'eravamo nemmeno».

Matteo è scoraggiato e spaventato: si tratta della sua prima esperienza a bordo di una nave. «Mi sono dovuto rivolgere allo psicologo, ma mi sforzo di ritrovare l'ottimismo. Spero solo di non essere un “ostaggio”». Perché nei confini angusti della nave, fra i marinai sempre più preoccupati, circola la voce - che tale è, evidenzia sempre Muci - che «sia stato chiesto un riscatto di 240 milioni di euro per liberare la nave».

 

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