«Abbi pietà di me»: le parole di Andrea dopo il primo colpo
Ma il vicino di casa finisce il giovane sparandogli in testa

Foto: Tiziano Pio D Amato
Foto: Tiziano Pio D’Amato
di Anna M. VINCENTI
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Lunedì 1 Ottobre 2018, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 20:29
«Pietà». Queste le ultime parole di Andrea Marti, 36 anni, prima di essere trucidato venerdì sera dal suo vicino Roberto Pappadà. Andrea ha visto in faccia il suo killer e ha cercato disperatamente di fermarlo. Senza riuscirci: il vicino di casa dopo aver freddato lui (con due colpi), è passato ai parenti di Andrea, accorsi sul posto. Ha sparato al padre, uccidendolo, alla zia (che è morta qualche ora dopo in ospedale) e alla madre, che invece si è salvata.
«Non posso immaginare che sia successo realmente e non posso credere che l’abbia fatto davvero: che sia stato così crudele».
A parlare è l’amico di sempre di Andrea, Daniele De Luca. Andrea ha trascorso le ultime ore della sua vita proprio a casa di Daniele: una cena tra amici. C’era anche Simona, la fidanzata di Andrea. Lei è stata graziata dal killer e ha visto il suo compagno morire sotto i suoi occhi.
«Mi ha riferito Simona - racconta Daniele - che Andrea, dopo il primo colpo, prima di morire, gli ha chiesto: “pietà”. E lui, invece, ha premuto il grilletto centrandolo alla testa. Una lucidità ed una ferocia inaudita. Non ci posso credere che lo abbia fatto davvero, che abbia sparato ad Andrea, a lui che era così dolce, così buono, lui che era amico di tutti. Non posso immaginare che sia stato così lucido da dire poi a Simona: “Vai via tu, non c’entri niente”. Una freddezza assurda che ha permesso di risparmiare la vita a lei. Avrebbe potuto sparare anche ai vicini di casa che si sono affacciati, dopo il primo sparo, che stavano lì, che sono passati, che hanno cercato di fermarlo, invece, lui ha proseguito dritto con il suo folle disegno che era quello di fare fuori i familiari di Andrea, che purtroppo sono sopraggiunti prima dei carabinieri».
Un racconto da brividi quello di Daniele, che fa aumentare il dolore e la commozione per la freddezza con cui Andrea, amato da tutti in paese per la sua bontà, è stato ammazzato. Senza pietà, appunto.
Venerdì sera, Andrea ha trascorso la serata con gli amici a casa di Daniele. Insieme hanno cenato e bevuto tre bottiglie di vino. «Delle bottiglie speciali e lui di questo era super contento. Tra i tappi anche una del 2002, un rosso particolare, quello delle grandi occasioni. Una serata, come ogni volta quando ci vedevamo - continua Daniele - trascorsa tra chiacchiere, risate e tra una battuta e l’altra di Andrea. Scherzava sempre lui».
Ad un certo punto, intorno alle 23, Simona dice di non sentirsi molto bene. «Andrea decide di accompagnarla a casa - continua ancora l’amico -. Sono pochi chilometri da casa mia, ha lasciato anche il cellulare da me: doveva tornare per la grappa ed invece...».
Andrea ha riaccompagnato Simona a casa e lì il suo vicino lo stava aspettando per una vera e propria esecuzione. Incredibilmente ha, però, voluto risparmiare Simona.
«Non ci posso credere e non ci voglio credere. Dal momento in cui hanno suonato a casa per dirmi che hanno sparato al mio amico, ripercorro quella sera, fino al momento in cui ho chiesto ai carabinieri di farmi avvicinare, di vedere Andrea che era steso lì. Gli avvocati di ufficio e non - conclude Daniele - si devono mettere una mano sul cuore e sulla coscienza. Non posso dichiarare l’assassino infermo. Una mente così merita di marcire in prigione. Mi auguro che nessun avvocato chieda per lui l’infermità mentale: mi hanno riferito che Pappadà, dopo la strage, ha detto che manca ancora una persona all’appello: la sorella di Andrea, Carla, che vive a Brescia. Uno che è così lucido non può essere dichiarato folle ed avere la riduzione della pena: sarebbe una seconda morte per la famiglia. Non se lo merita per primo la mamma di Andrea, Fernanda, ma neanche noi tutti che abbiamo perso i nostri affetti più cari».
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