Cento chilometri per fare la chemio, la rimandano a casa per due volte. La figlia: «Nessuno ci ha nemmeno spiegato perché»

Cento chilometri per fare la chemio, la rimandano a casa per due volte. La figlia: «Nessuno ci ha nemmeno spiegato perché»
di Paola ANCORA
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Venerdì 12 Marzo 2021, 13:17 - Ultimo aggiornamento: 20:39

Cinquantatre chilometri per andare, altri 53 per tornare a casa, in lacrime, con il fardello pesante della paura sulle spalle e nel cuore. Maria (il nome è di fantasia per proteggere la privacy di questa malata, ndr) li ha percorsi ieri insieme alla figlia per raggiungere Lecce da Corsano, il comune del basso Salento dove vive. Poi, l'ultimo pezzo di strada dall'ingresso del reparto di Oncologia allo studio del medico che l'ha visitata ha dovuto percorrerlo da sola, perché l'accesso dei familiari al reparto non è più consentito: misura di sicurezza eccezionale, dopo il focolaio di Covid-19 scoppiato qualche giorno fa e che ha coinvolto 22, fra pazienti e sanitari risultati positivi ai tamponi. «C'era in coda con lei un signore che non ricordava nemmeno il suo nome, e anche lui è entrato da solo. Ho chiesto che mi consentissero almeno di ascoltare in vivavoce il colloquio di mia madre con il medico - racconta Marta, la figlia di Maria - ma mi è stato opposto un categorico rifiuto, nonostante mia madre, a causa del cancro, non riesca a ricordare cosa le viene detto e qualche volta non comprenda le istruzioni degli oncologi».

Prima di accedere al reparto - dopo un'attesa senza chemioterapia, sospesa qualche giorno per consentire la sanificazione degli ambienti dopo il focolaio Covid - Maria si sottopone al tampone. «Era un tampone rapido, antigenico - dice ancora Marta - che come ormai tutti sappiamo non garantisce l'affidabilità necessaria specialmente in questi casi. Ma comunque, immagino non si potesse fare altrimenti». Maria entra da sola, si siede davanti al medico che dovrebbe controllare la sua cartella clinica e le analisi del sangue, prima di sottoporla alla chemio. Non ha il conforto della figlia e non conosce il medico che ha di fronte. «Purtroppo le due oncologhe che la seguono normalmente e che sono campionesse di bravura e di empatia, non c'erano». Entra, Maria si siede e dopo qualche minuto esce, sempre da sola: «Non è più in grado di camminare a lungo, temevo cadesse» aggiunge Marta.

Soprattutto perché Maria esce in lacrime, senza aver fatto la chemio.

«La cosa che mi ha sconvolta - racconta Marta - è che nessuno ci ha spiegato perché non le abbiano fatto la chemio. Nessuno si è preoccupato di dirci cosa stesse accadendo, se c'era un problema tecnico, se il medico preferisse aspettare il rientro della nostra oncologa, ma a questo punto, anziché convocarci, avrebbero potuto avvisarci per telefono di non venire. Tanto più che è la seconda volta che arriviamo a Lecce e torniamo indietro senza fare nulla: la prima giovedì 4 marzo e la seconda ieri, 11 marzo. Riesce a immaginare come possa sentirsi una malata che viene rispedita indietro come fosse un pacco, senza cure? Non solo. Non hanno nemmeno guardato la cartella clinica, altrimenti si sarebbero accorti di aver fissato il prossimo appuntamento per la chemio nello stesso giorno in cui è prevista anche la radioterapia».

La pandemia, si dirà. Lo stress da super lavoro, si aggiungerà ancora. Ed è vero, c'è sicuramente anche tutto questo a complicare la vita già difficile dei medici chiamati a seguire pazienti così fragili come quelli oncologici. Ma quel che la pandemia rischia di fare - e secondo alcuni osservatori sta già facendo - è trasformare le persone in numeri, allenando le coscienze alla sconfitta, al cinismo da pandemia. «So bene - dice Marta - che molte persone rinunciano a denunciare come vanno, talvolta, le cose, perché hanno timore: il medico è pur sempre colui al quale affidi la vita tua e quella dei tuoi cari. Ma io so che mia madre morirà. So che è inevitabile che accada. Quello che invece vorrei non accadesse più è che altri si sentano come lei si è sentita in questi giorni: abbandonata a se stessa e a un destino del quale a nessuno importa più».

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