«Mio padre si è ucciso per la crisi e per la xylella». La denuncia della figlia di un imprenditore

«Mio padre si è ucciso per la crisi e per la xylella». La denuncia della figlia di un imprenditore
di Luana PRONTERA
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Mercoledì 21 Settembre 2022, 20:26 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 00:29

«Mio padre si è ucciso perché era preoccupato di non riuscire a sostenere la situazione economica che vedeva peggiorare di giorno in giorno. La gestione del frantoio diventava sempre più complessa difficili a causa dei continui rincari e lui ha pensato di non avere alternative e di non potercela fare». È questa la drammatica verità raccontata da Fedora Negro, figlia di Cosimo Negro, un imprenditore agricolo di Morciano di Leuca che lo scorso 1 settembre si è tolto la vita impiccandosi nel luogo a cui era più legato: il suo frantoio.

Il racconto

«Alle 8.10 di quel maledetto giorno ha cercato su internet come fare ad uccidersi con un cavo elettrico.

Ha iniziato a morire insieme ai suoi ulivi. Non vedeva futuro e pensava di aver sbagliato tutto investendo nella terra». E continua: «Sono due anni che aspettiamo le risorse per il reimpianto. Per un po' di tempo abbiamo tamponato l’emergenza con le olive importate ma non è stato sufficiente. Siamo passati dalla molitura di 15mila quintali di olive locali ad appena 2mila di cui la maggior parte importate». Cosimino in paese era molto conosciuto. I giorni del suo funerale in molti espressero commozione per la morte di un uomo buono e sempre disponibile con tutti.

«Mi ha lasciato un biglietto con qualche soldo»

«Mio padre mi ha lasciato un biglietto con scritto il mio nome, qualche soldo e il blocchetto degli assegni. È stato il suo lascito per me ma non servono i soldi se lui non c’è più»,  si commuove Fedora. «Mi sento di condividere questa storia personalissima perché l’allarme è sociale. Questo dramma che ha sconvolto la nostra famiglia rischia di essere il dramma di molte altre famiglie che ormai non riescono più a pagare le bollette e lavorare in modo dignitoso». E conclude: «Io ho sempre provato a tranquillizzarlo perché in qualche modo ce l’avremmo fatta e i soldi non mancavano ma lui puntualizzava sempre che il problema non era il denaro. Si sentiva umiliato e sconfitto perché stava vedendo morire quell’attività su cui aveva investito un’intera vita e che amava con tutto se stesso».

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