L'odissea del paziente 1 nel Salento: «Ora sto bene, ma quanti insulti»

L'odissea del paziente 1 nel Salento: «Ora sto bene, ma quanti insulti»
di Paola COLACI
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Mercoledì 8 Aprile 2020, 09:13 - Ultimo aggiornamento: 18:03
«Dopo più di un mese di calvario finalmente ho sconfitto il virus. Ma non è stato facile. Ho pianto per lo sconforto: non comprendevo la cattiveria della gente. A darmi la forza, però, sono stati i medici e gli infermieri. E poi la mia famiglia e le centinaia di salentini che mi hanno scritto per manifestarmi affetto e vicinanza. Proprio a loro adesso dico: non abbassiamo la guardia, rispettiamo le regole. Prima o poi ne verremo fuori». Dopo cinque settimane di ricovero finalmente Luigi Serra ce l’ha fatta. Il “paziente 1” – il primo contagiato della provincia di Lecce dopo un viaggio di lavoro in Lombardia – nel pomeriggio di ieri è tornato a casa.

Il peggio è passato. Il “mostro” è stato sconfitto. Per il 58enne parrucchiere di Aradeo non è stato facile. E l’emozione è ancora forte nel ricordare le due settimane trascorse nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale “Santa Caterina Novella” di Galatina, dove era stato ricoverato lo scorso 2 marzo dopo aver accusato un malore ed essere risultato positivo al tampone. E poi, i 23 giorni di degenza trascorsi al secondo piano dell’ospedale “Galateo” di San Cesario di Lecce, nel “Polo riabilitativo Covid-19”. Ora, però, il suo calvario è finito. «Grazie a Dio ce l’ho fatta: sto benissimo. La malattia è scomparsa. Sono appena rientrato a casa. E ho fatto una doccia lunga mezz’ora - esordisce con un filo di emozione –. Del resto, però, anche in ospedale non ho mai avuto alcun particolare problema di salute. Neppure la febbre. Il virus si è fatto sentire solo dopo 11 giorni di ricovero, e per tre giorni durante i quali ho accusato affanno e non riuscivo a percepire odori e sapori».

La fase più “buia” della malattia, però, è stata quella iniziale. «Nei giorni del ricovero a Galatina ero totalmente isolato – ricorda – Non avevo contatti con nessuno e non riuscivo a comprendere cosa stesse accadendo all’esterno. È statamolto dura, lo ammetto: mi sentivo fuori dal mondo. E ho dovuto fare i conti con dubbi, paure, tristezza e sconforto. Comunicavo con la mia famiglia attraverso il cellulare. E questo mi ha dato la forza per andare avanti». L’angoscia cresceva ogni volta che Luigi Serra vedeva medici e infermieri impegnati nel reparto per fronteggiare un’emergenza o soccorrere un paziente in difficoltà. «Eppure sono stati proprio loro a darmi la forza e il sostegno morale, oltre alle cure mediche. Non mi hanno lasciato mai da solo – ci tiene a sottolineare – E voglio ringraziarli uno per uno con il cuore in mano: il dottore Paolo Tundo e il personale degli ospedali di Galatina e San Cesario. Sono stati veri e propri angeli. Così come ringrazio il sindaco Luigi Arcuti e l’amministrazione comunale di Aradeo per la vicinanza».

Eppure, nelle prime ore successive al contagio, il “paziente 1” era finito sotto l’attacco di quanti sui social lo definivano “un untore”. Un moto ingiustificato di acredine lo aveva spinto a rivolgersi a un avvocato per tutelare la sua famiglia. «Anche quella fase ora è superata – ammette –. Non comprendevo la cattiveria di quanti, pur senza conoscermi, mi attaccavano. Come se il virus me lo fossi andato a cercare. E confesso di aver pianto. Ma a darmi forza sono stati centinaia di salentini che, anche dall’estero, mi hanno scritto per manifestarmi affetto e vicinanza».

Ora Luigi può lasciarsi tutto alle spalle: «Mia moglie, anche lei contagiata, è guarita. I miei figli stanno bene e anche i miei concittadini: ho pensato spesso a loro. Ma ringrazio anche i miei clienti di Aradeo e dei Comuni vicini che mi hanno sempre scritto e chiamato tutti i giorni e non mi hanno fatto mai mancare il loro sostegno. A tutti dico: non abbassiamo la guardia, restiamo in casa e rispettiamo le regole. Prima o poi ne verremo fuori».
 
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