Consorzi di bonifica, bilanci in rosso e stipendi d'oro

Consorzi di bonifica, bilanci in rosso e stipendi d'oro
di Maria Claudia MINERVA
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Mercoledì 13 Aprile 2016, 07:15 - Ultimo aggiornamento: 16:11
Bilanci sempre più in rosso e servizi scadenti, o comunque erogati non nella giusta misura. In compenso, però, i dipendenti continuano a percepire stipendi da sogno. La bufera sui consorzi di bonifica - quattro quelli pugliesi (Terre d’Apulia, Stornara e Tara, Arneo, Ugento-Li Foggi), spalmati su 203 comuni - che imperversa ormai da tempo immemorabile, rischia di trasformarsi in uno vero e proprio tsunami se non si trova al più presto una soluzione per risanare il debito che ammonta a 220 milioni di euro (per l’esattezza 219.898.094,53). La verità è questi enti incassano poco e costano tanto con i loro 210 dipendenti, tra cui 16 dirigenti, 65 amministrativi, 80 tecnici/agrari, 49 operai. Solo nel 2015 il costo complessivo del personale a tempo determinato è stato di 13.113.227,32 euro, lievitato a 15.547.015,87 euro se si aggiungono i costi aggiuntivi, vale a dire straordinario, missioni, rimborsi vari, più la spesa per il personale stagionale.

Ad accendere la miccia è proprio il fatto che, nonostante i debiti milionari, questi enti continuino ad erogare stipendi d’oro ai dipendenti, come se la situazione non fosse al collasso.
 
«Si tratta di buste paga decisamente più alte di quelle di qualsiasi ente pubblico» sbotta il consigliere regionale del Pd, Fabiano Amati, che invoca da tempo una riforma di questi enti «carrozzoni che hanno ottenuto quasi 124 milioni di euro di anticipazioni dal bilancio della Regione, che poi sono soldi sottratti ai cittadini» puntualizza con tono polemico. «La situazione è a dir poco scandalosa: nel consorzio Terre d’Apulia ci sono impiegati, che pur non essendo dirigenti, percepiscono uno stipendio da 70/80mila euro l’anno - denuncia ancora Amati - intanto la Regione continua ad anticipare somme a enti che dovrebbero invece mantenersi con i tributi ottenuti per i servizi erogati. Tutto questo deve finire - tuona il consigliere -. I consorzi non c’entrano nulla con la Regione, sono enti pubblici economici, non c’è scritto da nessuna parte che la Regione debba contribuire al loro mantenimento. Non si può scaricare sui cittadini lo sperpero di questi carrozzoni, che manteniamo pagando i tributi, attraverso la bolletta dell’acqua, con somme poste in bilancio e per questo negando che si facciano altri interventi. La situazione non è più giustificabile, infatti nell’ultima manovra il Consiglio regionale ha appostato 8,5 milioni che saranno erogati solo all’indomani della legge di riforma».

Finora i consorzi di bonifica sono costati al bilancio regipnale 13 milioni di euro l’anno, senza fornire servizi per i quali sono stati istituiti. Terra d’Apulia di Bari, il più grande con i suoi 82 dipendenti, ha due impiegati direttivi che nel 2015 hanno portato a casa rispettivamente 102mila e 93mila euro lordi. Ma sono tanti i quadri che percepiscono stipendi tra gli 82mila e i 90mila euro lordi: intorno ai 3.700 euro al mese. Superiori alla media anche gli stipendi dei collaboratori, che costano ai consorzi tra i 63mila e i 75mila euro a seconda se hanno la qualifica di capo.

Il commissario Gabriele Papa Pagliardini, subentrato al commissario straordinario Stanco, nel tentativo di risanare la grave situazione debitoria, si giocherà un’ultima carta, quella cioè chiedere ai dipendenti di sacrificare volontariamente una piccola quota del loro stipendio, ma si tratta comunque di una partita difficile da contrattare con i sindacati. Nel frattempo, due giorni fa il Consiglio regionale ha insediato la commissione di inchiesta che, sotto la presidenza di Gianni Stea (Ndc) nei prossimi due mesi dovrà fare luce sulle cause del dissesto. «Bisognerà seguire due percorsi paralleli: da un lato il binario dell’indagine a carico della commissione appena insediata - sottolinea il consigliere Amati - dall’altra la riforma. La mia idea è trasferire all’Acquedotto Pugliese la gestione del settore irriguo, con il relativo personale. Questo consentirebbe di far risparmiare almeno 2 milioni l’anno, perché Aqp non pagherebbe più i consorzi per la fornitura dell’acqua. A onor del vero, devo comunque riconoscere che l’attività del commissario Stanco ha portato alla riduzione notevole delle spese, e ho l’impressione che anche la gestione Pagliardini produrrà i suoi benefici, ma solo se ci sarà una riforma dei consorzi, altrimenti non si andrà da nessuna parte».

Sull’agomento consorzi anche Forza Italia parla di “situazione gravissima”. «Un mese fa eravamo stati facili profeti e la recente mobilitazione promossa dalle rappresentanze sindacali di base del consorzio di Bonifica “Ugento e Li Foggi” rischia di essere soltanto la punta di un iceberg devastante - dice il consigliere regionale di FI, Nino Marmo -. Occorre pertanto che il governo regionale e tutte le forze politiche assumano tutte le determinazioni necessarie a traghettare le strutture consortili fuori dalla stagnante crisi economico finanziaria e quindi all’autogoverno, attraverso un piano di ristrutturazione industriale finalizzato al recupero dell’efficienza e della produttività. Solo allora sarà possibile assumere ogni ulteriore decisione sul futuro assetto giuridico dei Consorzi».
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