«Vent’anni di disattenzioni: la risorsa Ateneo va sfruttata»

Fabio Valente
Fabio Valente
di Paola ANCORA
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Sabato 18 Febbraio 2017, 18:23
Fabio Valente, pensa che Lecce sia città universitaria o le manca ancora qualcosa?

«Ma nemmeno per sogno. Lecce è sede di una università, ma non è città universitaria. L’Ateneo andrebbe immaginato come volano sviluppo cui garantire una serie di servizi. E per le disattenzioni di questi ultimi 20 anni di amministrazione siamo lontani anni luce da questo obiettivo. Intanto ci sono i problemi di trasporto: fino a Ecotekne c’è solo una linea, la 27, ma molte case degli studenti sono lontane dal capolinea e i ragazzi hanno difficoltà a spostarsi. Non ci sono piste ciclabili e la strada fino alla sede di Monteroni è stretta e pericolosa. I collegamenti vanno potenziati ed estesi anche ai week end e alle ore notturne. Lecce città universitaria funziona, oggi, soltanto dal lunedì al venerdì dalle 7 alle 19. La città è cresciuta con l’Ateneo, ma nella misura in cui i cittadini si sono mossi, sfruttando al meglio le loro energie per gli studenti. Si pensi a via Taranto, che è diventata un luogo di riferimento, con copisterie e piccoli negozi dedicati. Ma non c’è stata una crescita armonica di tutta la città in questo senso, non c’è stata pianificazione».

Qual è la sua idea per il futuro?

«Il nostro cavallo di battaglia sono i trasporti. Prevediamo di incrementarli. Poi immaginiamo di realizzare una serie di biblioteche nei diversi quartieri, con il coinvolgimento dei privati e che restino aperte anche nei fine settimana. Saranno tutte dotate tutte di wi-fi. Immagino anche di sfruttare l’ Università per le competenze che ha e che il Comune non ha mai utilizzato. Basti dire che per Lecce2019 siamo andati a cercare esperti fuori città. Manca, per esempio, una fotografia socio-economica della periferia leccese: sappiamo che l’indice di mortalità supera quello delle nascite, ma non sappiamo perché. L’Ateneo potrebbe aiutarci a indirizzare le scelte. E il Comune, da parte sua, deve contribuire a pubblicizzare l’ Università nel resto del Paese e dovrebbe prevedere spazi di co-working per aiutare i neolaureati a fare rete, a lanciare le loro attività e start up. In questi anni l’Ateneo è migliorato, la città ha impresso la sua spinta, ma non c’è stata una crescita culturale complessiva come era nelle attese. E questo va cambiato».
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