Cento euro per aiutarla, ma il Comune se li riprende: «Hai debiti per la Tari»

Cento euro per aiutarla, ma il Comune se li riprende: «Hai debiti per la Tari»
di Angela NATALE
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Lunedì 11 Gennaio 2016, 09:12

Con una mano dà, il Comune di San Cesario di Lecce. E con la stessa mano toglie. Tutto nel giro di poche ore: prima eroga un contributo in denaro a una donna in evidente e documentato stato di necessità. E con lo stesso provvedimento glielo requisisce.

Il motivo? La donna ha un debito con il Comune relativo all’imposta sui rifiuti e quei “miseri” 100 euro di sussidio concessole una tantum le vengono seduta stante sottratti per compensare parzialmente la somma dovuta all’ufficio tributi.
Non siamo su “Scherzi a parte”. Se ciò è tecnicamente regolare lo stabilirà chi di competenza. Quel che più colpisce è l’insensibilità - diciamo pure il cinismo - spacciato per puntiglio di chi ha firmato l’atto, il responsabile del servizio finanziario.
«Provvedimento avvilente, mai vista una cosa del genere», commenta a denti stretti l’avvocato Carlo Mignone, 25 nel Sunia e presidente provinciale dell’Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari (Anaci).

La donna è prostrata. Nubile, da tempo disoccupata, uno sfratto esecutivo in corso, in graduatoria per una casa di edilizia popolare, quel denaro le serviva per pagare le bollette della luce, che nel frattempo altri hanno provveduto a sanare.
La richiesta al Comune di San Cesario di Lecce del legittimo sostegno è dello scorso settembre.
Il mandato di pagamento – dopo lunghe attese e preghiere varie - è del 26 novembre.

Ma la notizia-beffa è di pochi giorni fa, “nascosta” nell’avviso di emissione del mandato di pagamento di 100 euro attraverso il quale le viene reso noto che – testuale - «l’importo di cui sopra le è stato compensato quale acconto del suo debito Tari 2014 segnalato dall’ufficio tributi».

Par di capire che per erogare il sussidio che – ripetiamo – era di 100 euro e per di più una tantum e dunque in un’unica solazione, sono stati sguinzagliati i “controllori” comunali. I quali, invece di verificare la reale condizione sociale della donna - e la gravità del suo stato di bisogno - si sono spinti ben oltre andando a spulciare tra tutte le carte e i documenti fino a scavare sul suo status di contribuente.
Con il risultato, appunto, che il Comune si è ripreso i 100 euro dalla donna.
«La figuraccia la fa chi ha firmato la lettera», sottolinea l’avvocato Mignone.

La burocrazia in questa storia tanto emblematica nella sua assurdità, quanto paradossale, non c’entra probabilmente niente. E la decisione assunta dal solerte ragioniere a capo del servizio del Comune di San Cesario mal si concilia con le politiche del welfare delle amministrazioni comunali che -- grazie ai fondi regionali concedono, a quanti non hanno reddito (ma in compenso hanno molti debiti altrimenti non busserebbero alla porta dell’assistenza pubblica), contributi anche per affitti, acqua e quant’altro.

La donna, che per comprensibile dignità e, considerato che è in graduatoria per un alloggio popolare, per paura di ritorsioni preferisce che non si riveli il suo nome, è allo stremo.

E il Comune, tutto questo, lo sa bene. Sa bene che è disoccupata, che per mangiare spesso e volentieri ricorre alla Caritas che è stata sfrattata. E probabilmente sa anche che la proprietaria dell’appartamento sta prendendo tempo permettendole di abitare ancora l’alloggio anche se non può pagare il fitto.

Insomma, sanno tutto al Comune di San Cesario. Ma la solidarietà - viene da pensare - non è roba da Palazzo. Dove, forse, la vita e la dignità di una persona non valgono neppure 100 euro.