Cavallino, inquinamento nella discarica: in tre a processo. Ecco chi sono

Cavallino, inquinamento nella discarica: in tre a processo. Ecco chi sono
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Giovedì 21 Ottobre 2021, 20:42 - Ultimo aggiornamento: 20:44

Smaltimento di rifiuti su superfici permeabili come piazzali, aree e box scoperti nella discarica di Cavallino, in contrada Masseria Guarini, destinata ai rifiuti solidi urbani. E con l’impianto di estrazione del percolato in cattivo stato o non funzionante. Con conseguenze come il superamento delle concentrazioni della soglia di guardia dei parametri dell’azoto ammoniacale, manganese e nitriti. E causa degli odori nauseabondi particolarmente avvertibili nelle giornate di scirocco a Cavallino e nei comuni vicini.
Di queste e altre circostanze si occuperà il processo al via il 23 novembre davanti al giudice della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce, Bianca Maria Todaro, e con il Comune di Cavallino parte civile con l’avvocato Flavio Santoro. Inquinamento ambientale e gettito pericoloso di cose, le ipotesi di reato che dovrà appurare il dibattimento in aula.

I rinvii a giudizio


E dunque sarà il processo a stabilire la fondatezza dell’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone con la polizia provinciale.

Lo ha stabilito il giudice Marcello Rizzo nell’udienza preliminare in cui ha disposto tre rinvii a giudizio e un proscioglimento. Processo per Antonio Saracino, 57 anni, di Soleto, nelle vesti di direttore operativo e referente Ippc (Integrated Pollution Prevention and Control) della piattaforma di rifiuti e discarica; Gino Montinaro, 63 anni, di Campi Salentina, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società “Ambiente e sviluppo” che gestisce la discarica; e Franco Mazzotta, 73 anni, di Lecce, chimico-consulente del gestore dell’impianto. Sono difesi dagli avvocati Antonella Corvaglia, Fritz Massa e Stefano Chiriatti.


Prosciolto “per non aver commesso il fatto” Carlo Palumbo, 52 anni, di Lecce, responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp): il giudice ha accolto l’istanza dell’avvocatessa difensore Gabriella Mastrolia. 
Ciò che dovrà dire la sentenza di primo grado è se è vero che a partire da gennaio 2015 siano state trascurate le informazioni sul superamento della soglia di contaminazione dei parametri dell’azoto ammoniacale, del manganese e del nichel. Ed ancora se è vero che all’interno dell’impianto siano state messe in atto attività di recupero di sostanze inorganiche in assenza di autorizzazione.
Il processo si occuperà anche di accertare l’accusa che siano stati smaltiti rifiuti non pericolosi nella stessa discarica di rifiuti solidi urbani in difformità all’autorizzazione rilasciata dalla Regione: questa circostanza si riferisce ai “rilevantissimi quantitativi” - recita questo il capo di imputazione - di rifiuti che poi avrebbero creato il percolato filtrato attraverso il terreno poiché stoccati su superfici non impermeabili.
Anche la gestione degli impianti al centro del dibattimento: vasche di raccolta della pioggia colme di fango e griglie ostruite. In cattivo stato di manutenzione l’impianto di drenaggio, sollevamento e convogliamento del percolato.
Citando un passaggio della consulenza, il capo di imputazione sostiene che fosse stato omesso di “rilevare tempestivamente eventuali situazioni di inquinamento delle acque sotterranee...riconducibili alle attività della piattaforma al fine di adottare le necessarie misure correttive...al fine di garantire una protezione adeguata ad evitare fenomeni di inquinamento delle acque della falda”.

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