Le mire dei clan sulle case popolari: ecco la mappa delle occupazioni

Una palazzina popolare
Una palazzina popolare
di Paola ANCORA
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Sabato 3 Marzo 2018, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 30 Maggio, 18:05
Occupazioni accertate, sgomberi sollecitati e mai effettuati, persino appartamenti tenuti liberi in attesa della scarcerazione di questo o quel criminale o esponente della Sacra Corona Unita. Decine di case, da Parabita a Lecce, da Ugento a Casarano, erano e sono nelle mani della criminalità organizzata salentina. Occupate abusivamente da boss, sodali, affiliati o dalle loro famiglie, che ci vivono, indisturbati, anche quando le operazioni di polizia hanno accertato che proprio la casa, bene primario, è stata usata dalla Scu come merce di scambio, come leva per ottenere consenso e mantenere il controllo del territorio.
È, ad esempio, il caso di Parabita: il Consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazioni mafiose; un processo ha accertato, almeno in primo grado, l’influenza del clan Giannelli sull’amministrazione comunale per il tramite dell’allora vicesindaco Giuseppe Provenzano e, lo stesso processo, ha fatto emergere come il clan esercitasse il suo potere scambiando voti e sostegno elettorale con alloggi popolari e posti di lavoro. Oggi, dopo che l’operazione “Coltura” ha consentito di stringere le manette ai polsi a pezzi da novanta del clan Giannelli, le abitazioni di chi è finito in carcere sono ancora occupate abusivamente dai loro familiari e nessuno, fino a ora, ha proceduto agli sgomberi. Non fosse altro che per trasmettere ai cittadini di Parabita il messaggio che lo Stato c’è e lavora per estirpare fino in fondo il malaffare, riportando ordine e legalità là dove ha sempre vinto la legge del più forte.
La situazione di Parabita, come si vedrà, è comune ai principali centri urbani salentini. Ed è proprio ai sindaci che il prefetto Claudio Palomba ha scritto poco più di un mese fa – in copia anche l’Agenzia del Demanio e l’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia - chiedendo una ricognizione completa «dei beni immobili privati e delle pubbliche amministrazioni, tuttora inutilizzati, compresi quelli sequestrati e confiscati, arbitrariamente occupati». La lettera è “figlia” di una circolare del ministero dell’Interno con la quale, nel dicembre scorso, il ministro Marco Minniti ha riscritto le regole per procedere agli sgomberi degli edifici occupati, anche con l’ausilio della forza pubblica.

Le amministrazioni locali avevano tempo fino al 25 gennaio per fornire al prefetto tutte le informazioni richieste. Ma dalla documentazione esclusiva raccolta da Quotidiano, salta agli occhi un sistema articolato di ritardi e omissioni, grazie al quale da anni esponenti di spicco della malavita o loro familiari vivono indisturbati negli alloggi popolari, di fatto ingessando le graduatorie e i bisogni.
A Parabita occupano abusivamente alloggi di Edilizia residenziale pubblica i parenti di Massimo Donadei, pentito di mafia che, con le sue dichiarazioni, ha contribuito alla riuscita dell’operazione “Coltura” del 2015, grazie alla quale è stato assestato un duro colpo al clan del boss Marco Giannelli. Ci vivono anche le famiglie di Matteo e Biagio Toma, il primo condannato a 11 anni e 8 mesi nel processo di primo grado scaturito sempre da “Coltura”. Il secondo, condannato lo scorso agosto al carcere a vita per essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio di mafia «più cruento della storia della Sacra Corona Unita», come lo hanno definito i giudici della Corte d’Assise di Lecce. Nel 1991, infatti, Toma uccise Paola Rizzello e sua figlia, la piccola Angelica Pirtoli, fracassandole il cranio sul muro.

Ancora. L’abitazione in piazza padre Pio di Fernando Mercuri, braccio destro del boss Giannelli arrestato e condannato in primo grado dopo “Coltura”, è occupata dai suoi familiari. Mercuri ha persino potuto accedere alle procedure di sanatoria previste dalla legge regionale del 2014: vuol dire che ha occupato abusivamente una casa e, trascorso qualche anno, ha dichiarato al Comune di voler sanare la sua posizione. Ma, dopo averlo fatto, ha comunque continuato a non pagare l’affitto, accumulando morosità per circa 20mila euro. Finora, nessuno ha proceduto allo sfratto per assegnare quella casa a qualcun altro. Dalla informazioni raccolte da questo giornale, l’ex Iacp, oggi Arca Sud, sarebbe intenzionato a procedere allo sgombero “da privato cittadino”, cioè senza l’appoggio del Comune o di altre istituzioni del territorio.
A Parabita, occupa una casa senza titolo anche la famiglia del 32enne Besar Kurtalija, finito in manette in seguito a “Coltura” e condannato a 16 anni di reclusione. In piazza padre Pio, nel Comune commissariato per mafia e dove da tempo sono al lavoro i commissari prefettizi, esiste un intero fabbricato nelle mani della malavita. La zona è persino coperta da telecamere. Accedervi – lo dicono i vigili e quei pochi funzionari che hanno avanzato l’idea di effettuare qualche controllo – è azzardato, pericoloso. Dunque, nessuno lo fa.

La situazione non migliora se da Parabita ci si sposta a Lecce, il capoluogo. Sul fronte degli alloggi popolari e dei presunti intrecci fra mafia e politica esiste una inchiesta. Aperta ormai sei anni fa, se ne conoscono gli indagati e i diversi filoni di indagine, ma ancora non si conoscono gli esiti. La Procura, infatti, ha acquisito interi archivi dall’ex Iacp e atti e documenti da Palazzo Carafa, compresa l’ultima graduatoria provvisoria pubblicata lo scorso ottobre, poi sospesa in autotutela dall’ufficio Casa per l’accertata presenza di occupanti abusivi nell’elenco e, quindi, corretta e ripubblicata.
Risulta occupante abusivo di un appartamento al civico 18 di via Verona, Giampiero Schipa. Si tratta dell’imprenditore al quale lo scorso febbraio la Direzione investigativa antimafia ha sequestrato una villa di nove vani nella residenziale via Rapolla del valore di 465mila euro. Schipa, due anni fa, fu condannato in primo grado (l’udienza di appello non è ancora fissata) a cinque anni e cinque mesi di reclusione con le accuse di incendio doloso, frode all’assicurazione e di aver causato la morte del suo dipendente Michele De Matteis, rimasto ucciso nel rogo fatto appiccare al negozio di articoli da regalo “Sogni” nel 2011. A quanto risulta dalle carte, Schipa ha potuto sanare la sua posizione di abusivo, sempre grazie alla legge regionale del 2014 che - a differenza di quanto accade in altre Regioni d’Italia - non prevede alcun termine per la presentazione delle domande. Una “anomalia” che, nei fatti, autorizza la corsa all’occupazione abusiva e moltiplica il rischio di scelte discrezionali e favoritismi da parte di chi, nei Comuni, è chiamato a esaminare e autorizzare le domande di sanatoria.

Ancora. In piazzale Siena, sempre a Lecce, c’è un appartamento di 109 metri quadrati, vuoto. Dalle carte risulta occupato abusivamente da Massimiliano Elia, arrestato dai poliziotti della Squadra mobile e poi condannato in primo grado a quattro anni di reclusione quale mandante di attentati incendiari e intimidazioni ai danni di imprenditori del settore edile, restii a pagare il pizzo. Si tratta dello stesso Elia coinvolto in una indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce su alcune partite di droga acquistate fra Monteroni e Surbo e destinate al nuovo gruppo malavitoso del quartiere Stadio, un gruppo che gli investigatori e gli inquirenti ritengono nato dalle ceneri del blitz “Eclissi” che, anni fa, colpì duramente i clan di Maurizio Briganti e Cristian Pepe. Di questa abitazione, in particolare, si parla in un documento indirizzato da Arca Sud ai settori Casa e Polizia locale del Comune, nel quale si sollecita un intervento per rientrare in possesso degli spazi e, quindi, procedere alla sostituzione della serratura, alla manutenzione e all’assegnazione alla prima famiglia avente diritto in graduatoria. La missiva è del settembre scorso, ma nulla, da allora, è accaduto.

Sempre a Lecce, in piazzale Cuneo, un alloggio è occupato abusivamente da persone vicine a Sergio Marti, che in questi mesi si difende, nel processo in corso, dall’accusa di essere stato trait d’union fra la Scu e alcuni politici della città nel business dell’affissione dei manifesti elettorali. Quella occupazione abusiva risulta dai verbali di sopralluogo dei vigili urbani, redatti nel marzo del 2016 e inviati alla Procura della Repubblica, ma ai quali non ha fatto seguito nemmeno un tentativo di sgombero.
Occupanti abusivi di alloggi sono anche amici e parenti di altri esponenti di spicco della malavita organizzata, come Ivan Firenze e Nicolino Maci e Sergio Greco, tutti arrestati nell’ambito dell’operazione “Augusta” del 2011, dalla quale emerse, fra le altre cose, anche un presunto giro di droga nella Lecce bene. Ancora. In via Panareo, zona centro, occupano abusivamente un alloggio i familiari di Antonio De Vitis, detenuto al 41 bis nel carcere di Olbia, e del boss Cristian Pepe, già ergastolano e condannato ad altri 20 anni con l’operazione “Eclissi”. De Vitis, in particolare, è stato condannato al carcere a vita per l’omicidio del surbino Raffaele Riezzo, ucciso a 23 anni e sciolto nell’acido nel marzo del 1992 a Frigole.

Stesso copione a Casarano, dove – per esempio – occupa un alloggio popolare il nucleo familiare di Ivan Caraccio, esponente locale della Sacra Corona Unita secondo quanto è emerso con l’inchiesta “Diarchia” della Dia e dei carabinieri del Nucleo investigativo, inchiesta relativa all’omicidio del boss Augustino Potenza e al tentato omicidio di Luigi Spennato. E a Ugento, dove di un alloggio popolare possono godere i familiari di Pasquale Preite, condannato in primo grado lo scorso novembre per aver estorto denaro al titolare di un lido a Torre San Giovanni, e quelli di Andrea e Vincenzo Minicozzi, arrestati con il resto della banda che fra il 2011 e il 2012 mise a ferro e fuoco il Sud Salento con una serie di rapine a farmacie, uffici postali e supermercati.

Alla fine di questo lungo viaggio nel mercato del bisogno, le domande senza risposta sono numerose. Due, fra le tante, le più cogenti. La prima: a chi torna utile lasciare migliaia di famiglie senza un tetto sulla testa? La seconda: perché, in presenza di occupazioni accertate da parte della malavita, nessuno interviene? I salentini hanno diritto ad avere una risposta.
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