Truffa da 3 milioni con i radiofarmaci: la prescrizione cancella tutto

Truffa da 3 milioni con i radiofarmaci: la prescrizione cancella tutto
di Alessandro CELLINI
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Sabato 15 Febbraio 2020, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 09:54
La prescrizione cancella tutto. E non c'è stato nemmeno bisogno che il processo per truffa finisse: questo l'esito dell'udienza di ieri che vedeva tra gli imputati amministratori e soci della Sparkle srl, azienda produttrice di radiofarmaci, anche un dipendente pubblico. A fare da spartiacque nella vicenda, è stata la diversa composizione del collegio giudicante: la legge prevede che, quando questa ipotesi si verifichi nel corso di un processo, tutto debba ricominciare da capo. Ma proprio per evitare inutili perdite di tempo, il giudice di Lecce Fabrizio Malagnino ha chiesto alle parti - Procura e collegio difensivo - di valutare possibilità o meno che i reati fossero già prescritti. E la risposta è stata positiva: e così, senza l'obbligo di verificare se gli imputati fossero colpevoli o innocenti, è stato disposto il non doversi procedere nei loro confronti.

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Alla sbarra c'erano Gianluca Valentini, 62 anni, di Porto San Giorgio (Ascoli Piceno), amministratore di fatto della Sparkle; Ida Mancini, 74 anni, di Porto San Giorgio, amministratrice di diritto della società; Paola Panichelli, 49 anni, di Civitanova Marche, socia al 26 per cento; Mauro Ballante, 61enne di Filottrano (Ancona), legale rappresentante della Icoc srl, a sua volta socia al 10 per cento della Sparkle; Sergio Foresi, 79enne di Morrovalle (Massa Carrara), legale rappresentante della Prefabbricati Foresi srl, a sua volta socia al 10 per cento della Sparkle; e Caterina Mastrogiovanni, 51 anni, di Casarano, responsabile del procedimento presso lo Sportello unico delle attività produttive del Comune di Casarano.

Tutti erano accusati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche: avrebbero «realizzato un aumento fittizio del capitale sociale al fine di apportare mezzi di capitale proprio, fino a raggiungere la quota pari al 39,34 per cento del valore complessivo di investimento, per poter conseguire l'erogazione dei fondi per la realizzazione di una unità produttiva di radiofarmaci a Casarano». Farmaci che, in realtà, non sono mai stati prodotti nella sede salentina dell'azienda marchigiana. L'aumento fittizio di capitale avrebbe consentito all'azienda di ottenere un «ingiusto profitto pari complessivamente a 3.659.056,41 euro».

Gli stessi imputati erano accusati di concorso in falsità ideologica, relativa al provvedimento autorizzativo «rilasciato dopo soli 4 giorni di istruttoria, compresi un sabato e una domenica» che consentiva alla Sparkle di operare. Inoltre, Valentini, Panichelli, Ballante, Foresi e Mastrogiovanni dovevano difendersi anche dall'accusa di abuso di ufficio.
Il problema è che tutti i reati contestati agli imputati (e anche alla società Sparkle, come soggetto giuridico) sono lontani nel tempo, e vanno dai tredici ai nove anni fa. Troppi, perché si potesse andare avanti con il processo. L'indagine del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza aveva portato anche, nel 2015, ad un sequestro da 3,6 milioni di euro.
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