La spartizione dei bottini dietro l’agguato e l’omicidio

La spartizione dei bottini dietro l’agguato e l’omicidio
di Erasmo MARINAZZO
3 Minuti di Lettura
Venerdì 2 Dicembre 2016, 08:12 - Ultimo aggiornamento: 13:32
Un centinaio fra rapine e furti. Anche alle gioiellerie. Anche agli uffici postali. E poi tante, tantissime rapine, ai supermercati. Un tesoro accumulato alla fine degli anni 90, un bottino complessivo di centinaia di milioni di lire che il collaboratore di giustizia Vito Di Emidio ha raccontato di aver spartito anche con Augustino Potenza e con Tommaso Montedoro a quei tempi in cui era il capo indiscusso e faceva da spola fra il Salento e la sua Brindisi. Quel “tesoretto” non è stato mai ritrovato perché se Di Emidio riuscì a far scovare i nascondigli sotto terra dove la banda aveva custodito bombe, kalashnikov, fucili a pompa e pistole, non è stata mai individuata la cassaforte di quel gruppo criminale accusato anche di omicidi efferati. 
L’interesse verso gli introiti accumulati con le uscite notturne e diurne sistematiche a bordo della Lancia Thema, con un equipaggiamento da guerra, è diventato nuovamente attuale da poco più di un mese. Da quando, cioè, Potenza è stata ammazzato il 26 ottobre sul piazzale dell’IperMac di Casarano da undici dei diciotto colpi di kalashnikov sparati da una coppia di sicari in sella ad una moto enduro di grossa cilindrata. E la possibilità che una guerra con modalità mafiose sia esplosa per vecchi e nuovi rancori sulla disponibilità e la fruizione di quel “tesoretto”, avrebbe trovato conferme con il tentativo di ammazzare quel Luigi Spennato, 41 anni, di Casarano, anche lui con 18 colpi (di kalashnikov e pistola): vicino a Potenza, era stato indicato nelle indagini sul gruppo di Di Emidio.
 
La pista seguita dalle indagini dei pubblici ministeri Guglielmo Cataldi e Massimiliano Carducci con i carabinieri del Nucleo investigativo sta, insomma, prendendo in considerazione la possibilità che le nuove leve della criminalità organizzata del Basso Salento abbiano ritenuto che Potenza e Spennato stessero facendo i conti senza Montedoro. Una possibilità che non era mai emersa nelle inchieste che hanno riguardato Casarano e dintorni negli ultimi anni. A cominciare da “Tam-Tam”, per finire a quelle che non sono mai uscite dal segreto istruttorio.
E’ cambiato tutto nei frangenti fra le due ultime apparizioni di quella macchina di morte del kalashnikov: le indagini senza sosta hanno circoscritto i sospetti ed il movente. Ed è per questo che lunedì sera sono stati condotti in caserma tre giovani sospettati dell’agguato a Spennato: persone - questa la prima ipotesi - vicine a chi si sarebbe schierato dalla parte di Montedoro. Interrogati dal pubblico ministero Cataldi alla presenza dell’avvocato difensore Mario Coppola e sottoposti alla prova dello “stub” per cercare le eventuali tracce di polvere da sparo, sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso.

Le due macchine dei tre indagati sono state sequestrate insieme alla loro biancheria. Rilievi e reperti saranno inviati nei laboratori del Ris per cercare le tracce di polvere da sparo. Intanto le perquisizioni nelle rispettive case non hanno aggiunto nulla di nuovo: non sono state trovate armi.
Si attendono, dunque, gli esiti degli esami di laboratorio. Le indagini continuano anche se sembra ormai che Procura e carabinieri abbiamo le idee chiare su cosa stia accadendo a Casarano fra i gruppi criminali.
© RIPRODUZIONE RISERVATA