Scarpe extralusso, la svolta: Filograna pronto per la prima produzione da donna

Scarpe extralusso, la svolta: Filograna pronto per la prima produzione da donna
di Pierpaolo SPADA
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Domenica 26 Marzo 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 12:36

Se è vero che oggi è l’industria del lusso il miglior collante tra il Salento e i mercati internazionali, è sulle linee delle fabbriche locali che bisogna abbassare lo sguardo per intuire quale futuro si prospetti.
Capita così di scoprire che nella “sneakers valley” di Casarano, i più importanti brand del mondo stanno cominciando a farsi largo con i tacchi perché sì, è qui che ora vogliono produrre anche la classica scarpa da donna. Scelta di tendenza, vanità o aspirazione, se volete. Quel che è certo è che per questo territorio rappresenta un’inedita variante alla tradizionale produzione “casual”, radicata nella secolare artigianalità salentina ed esponenzialmente lievitata negli ultimi dodici anni anche con la progettazione e fabbricazione di calzature da ginnastica, vendute negli store europei, statunitensi ma soprattutto asiatici a migliaia di euro al paio. 

Per Leo Shoes obiettivo mille paia al giorno

Un cambio epocale e tanto potenzialmente rilevante da far salire l’adrenalina anche un imprenditore come Antonio Sergio Filograna che, da attore ed “erede” dell’esperienza Filanto e da fondatore di Leo Shoes, azienda fiore all’occhiello del distretto calzaturiero salentino e tra le più performanti d’Italia, ha certamente imparato a controllare le proprie emozioni. Sia chiaro: si tratta di una dimensione produttiva ancora da strutturare e che affiancherà quella delle sneakers, prevalente, consolidata e, al momento, anche «insostituibile». Per la scarpa formale da donna, l’azienda è ai primi contatti.

Ma ha già stilato un programma iniziale che, partendo da un tetto di 200, prevede la produzione di 1.000 paia al giorno entro due anni.

La nuova calazatura "made in Casarano"

La nuova calzatura sarà realizzata interamente a Casarano, negli spazi della Salento Manifattura Af, attualmente riservati alla pelletteria. Qualcosa, in attesa dell’ufficiale “via”, è tuttavia già in caldo. Si stanno compiendo, infatti, le prime prove, le prime sperimentazioni sui tacchi, giacché sulle tomaie per scarpa formale da donna Leo Shoes lavora da qualche tempo. Più precisamente, sono due anni e mezzo che l’azienda ha ricavato al suo interno un reparto nel quale produce 500 paia di tomaie per conto di diversi committenti sempre afferenti al segmento del lusso.  La sfida diventa, dunque, ora quella di produrre le restanti componenti, fino appunto al tacco, così da poter finalmente consegnare al cliente anche questo prodotto finito e inscatolato. Sfida apparentemente semplice. Per abbracciarla, Filograna spiega di esser impegnato in un investimento sia in termini di macchinari che di formazione per le sue maestranze. Capitolo completamente nuovo per uno scenario ampio almeno quanto il ventaglio di modelli di calzatura formale femminile che potranno essere prodotti nel Salento e non solo in Leo Shoes, dove ogni giorno si producono 10mila paia di sneakers.  Si tratta infatti di una tipologia corrispondente non solo alla classica scarpa elegante, ma anche a più sobri ma non meno innovativi stivaletti, sandali e ciabatte.

La storia

Finora nel Salento solo pochissime realtà si sono misurate con questa tipologia di produzione. Il primo esempio è pregevolmente rappresentato dal primo calzaturificio del Salento, quello che ancora oggi, e proprio davanti a Leo Shoes, espone l’insegna Elata. La famiglia Nicolazzo ha eretto la propria mission produttiva sin dagli esordi proprio sulla calzatura classica femminile, quella che un tempo era definita esclusivamente scarpa da cerimonia. A questa esperienza, alla metà degli anni ’90 si è affiancata poi quella di un imprenditore veneto, Giuseppe Baiardo, protagonista a quel tempo della grande ascesa dei calzaturieri della Riviera del Brenta che, nel 2008, pattuirono con le istituzioni pugliesi la rinascita di quelli salentini, in decadenza. A Casarano, Baiardo insediò la sua Iris Sud che, per la prima volta probabilmente, propose sul mercato una scarpa di lusso prodotta per conto di rinomate case di moda, prima fra tutte la nipponica Onward Luxury Group (Olg), che ne acquisì gradualmente quote e governance prima di cederle ai dirigenti del suo staff italiano, costituitisi dopo la prima ondata Covid sotto l’insegna Him (High Italian Manufacturing) e ancora oggi attivi con circa 60 dei 100 operai che operavano con Olg. 
Stiamo parlando, dunque, di una produzione che, se a livello artigianale, ha probabilmente trovato anche nel Salento felice sfogo, in termini industriali è rimasta marginale. Che sia giunta l’ora dell’exploit? Si parte tra qualche settimana.
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