«Caro Emiliano, ecco i risultati della Xylella: chiudo, licenzio e vado altrove»

«Caro Emiliano, ecco i risultati della Xylella: chiudo, licenzio e vado altrove»
di Mario TENORE*
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Giovedì 4 Maggio 2017, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 5 Maggio, 21:59

Sono un dottore agronomo, laureato dal luglio del 2003 con 110/lode, e nel 2004 ho frequentato un master post/laurea in certificazione fitosanitaria delle produzioni vivaistico e sementiere. Anni di studio per cercare migliorare l’attività che la mia famiglia svolge con amore e dedizione estrema da ormai tre generazioni: il vivaismo viticolo. Il tutto in un territorio dal potenziale di 10 milioni di piante prodotte ogni anno: Otranto.
La mia famiglia produce circa 500 mila barbatelle di vite destinate al mercato italiano ed estero (principalmente nord Africa), e ci avvaliamo delle prestazioni di 13 dipendenti. Tutto bene e grandi prospettive di sviluppo, fino all’arrivo della sciagura Xylella fastidiosa. Da quel momento in poi siamo sprofondati nel buio e nella solitudine più totale.
Una breve ricostruzione. Agli inizi della questione Xylella, quando si sospettava che anche la vite fosse ospite del batterio, sono state eseguite analisi su ogni lotto di produzione di tutte le aziende vivaistiche di Otranto, naturalmente a nostre spese, tutte con esito negativo (assenza del patogeno), ma in nome di una precauzionalità estrema la Comunità Europea, nel mese di maggio del 2015 ha deciso di bloccare tutte le attività vivaistiche, barbatelle comprese. Il mondo scientifico pugliese si attivava allora subito mettendo in atto dei test di patogenicitá per confermare che la vite non venisse attaccata dal ceppo di xylella presente nel Salento. Anche questi test confermavano che la vite, fortunatamente, è estranea alle infezioni del patogeno. Tutto questo sforzo, però, non è bastato a far cambiare opinione ai burocrati di Bruxelles che, dall’anno scorso, ci impongono senza alcuna base scientifica su vite, l’obbligo di termotrattare le barbatelle, nel momento più prossimo alla consegna, con acqua calda alla temperatura di 50°C per una durata di 45 minuti. Quest’obbligo interveniva nella scorsa campagna, in un periodo dell’anno, novembre, in cui i lavori del vivaista sarebbero già dovuti essere a buon punto, mentre noi eravamo ancora bloccati. In Italia esiste solo una ditta produttrice dell’apposito macchinario e ne è anche detentrice di brevetto. Il costo è di 170 mila euro, e la capienza è di circa 6000 barbatelle per ciclo. Grazie alla caparbietà di alcuni di noi vivaisti, ed alla coscienza del costruttore della macchina, siamo riusciti ad ottenere un macchinario un po’ meno tecnologico, ma non meno funzionale, al prezzo di 50 mila euro.
Comprendendo che una sola macchina di termoterapia non bastava per trattare circa 10 milioni di barbatelle in maniera rapida ed essendo bravi in matematica, abbiamo da subito cercato aiuto nelle istituzioni. In particolar modo abbiamo più volte interloquito con l’attuale Assessore all’agricoltura della Regione Puglia, il quale ci ha sempre assicurato che non saremmo stati lasciati soli e che, o attraverso leggi speciali oppure per il mezzo dei Psr, ci sarebbe stata rimborsata la spesa per le macchine. Era l’inverno 2015-2016: noi acquistiamo sei macchine ed ovviamente lascio a voi immaginare come è andata a finire, se avete un minimo di conoscenza della politica italiana.
Ormai, sono due anni che termotrattiamo le nostre piante per una malattia che non è presente, e che non riguarda la vite. Numerose sono state le successive richieste di incontro con l’assessore, tutte rigorosamente andate a vuoto, forse abbiamo la colpa di non essere foggiani.
L’unico ente che non è venuto meno ai propri impegni permettendoci di lavorare è l’ufficio provinciale dell’agricoltura di Lecce che ha preso a cuore le sorti del nostro territorio e di un comparto che sviluppa un numero di giornate lavorative annue che sfiora le 70 mila, impiegando oltre mille lavoratori. È bene ricordare che l’areale otrantino, come molti altri settori del Salento, non pullula di industrie in grado di garantire lavoro, ma fonda la propria economia sul turismo dei 3 mesi estivi e su quel poco di agricoltura che gente come noi cerca di portare avanti.
Neanche questi aspetti occupazionali, fortemente a rischio, hanno attirato l’attenzione del presidente della Regione Puglia che non si è mai interessato delle nostre vicissitudini. Non è stato neanche in grado di opporsi alla violenza protratta sull’agricoltura del nostro territorio quando il ministro dell’agricoltura ha emanato un decreto che ha dichiarato tutta l’Italia territorio indenne da Xylella fastidiosa tranne le provincie di Brindisi e Lecce. Questa genialata italiana ha generato tutta una serie di emendamenti in cascata da parte dei Paesi esteri (nord Africa) che vietano l’importazione di barbatelle solo dalla Puglia. Una catastrofe economica di portata incalcolabile.
Ovviamente anche il presidente della Regione non si è mai degnato di rispondere alle nostre richieste di incontro per cui la mia domanda è: per quale motivo io, in piena solitudine devo continuare a lavorare con tali e tante difficoltà in un territorio che mi ha completamente abbandonato nella sua rappresentanza istituzionale?
Allora per farla breve, comunico ufficialmente che la mia azienda si è già trasferita in un’altra Regione con una nuova licenza vivaistica, e ringrazio l’intera giunta regionale per “l’impegno” che ci ha messo per distruggere in soli 3 anni tutti gli sforzi della mia famiglia ed i miei sogni per il futuro.
Mi rimane il tempo di terminare i lavori di produzione delle mie ultime barbatelle “made in Otranto” e mi vedrò costretto a licenziare tutti e 13 i miei dipendenti, non per mie colpe. Vado via con la coscienza pulita e con il rammarico e la delusione di avere una classe politica completamente incapace di tutelarmi. Altri colleghi vivaisti seguiranno la scia per cui mi auguro che i nostri politici possano prevedere un futuro più roseo a tutti quei lavoratori agricoli che la xylella rende disoccupati.

*imprenditore agricolo
 

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