Il papà bloccato alla cassa per i buoni pasto: «Che umiliazione, mi vergogno ancora»

Il papà bloccato alla cassa per i buoni pasto: «Che umiliazione, mi vergogno ancora»
di Paola COLACI
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Sabato 18 Aprile 2020, 11:46 - Ultimo aggiornamento: 19:40
«Ho sempre lavorato onestamente per mantenere la mia famiglia. Purtroppo, però, a causa dell'emergenza sanitaria la mia attività ora è ferma. Per questo sono stato costretto a ricorrere all'aiuto del Comune per sfamare i mie figli. Ma quando la cassiera del supermercato mi ha fatto notare che quei buoni spesa non erano validi mi sono sentito morire per la vergogna. Sono arrossito e ho provato tanto imbarazzo».
A due giorni dallo sconcertante episodio che lo ha visto, suo malgrado, protagonista all'interno del supermercato Penny Market di San Cesario di Lecce, il signor Luigi (il nome è di fantasia a tutela della sua privacy) è ancora scosso. Profondamente imbarazzato, come continua a ripetere ricostruendo gli attimi salienti di una vicenda che, dallo scorso giovedì, continua a far discutere. E non solo tra le file dell'amministrazione comunale e sui profili social dei cittadini del Comune alle porte di Lecce.
Nelle scorse ore la vicenda di Luigi ha fatto il giro del Salento suscitando un vero e proprio moto di indignazione da parte della comunità. Una vicenda che ha alimentato, al contempo, non poche polemiche sulla necessità di gestire la materia dei sussidi alle famiglie con estrema attenzione e cautela. Con quel rigore e quell'attenzione, in altre parole, che sono indispensabili quando ci si ritrova a maneggiare non soltanto un semplice buono pasto, o un voucher della spesa. Quanto piuttosto, la stessa dignità dei cittadini.
E qui ricomincia il racconto. La testimonianza diretta. «Quella dignità che, purtroppo, sento calpestata in questa vicenda e non importa di chi sia la colpa, ciò che resta di tutta questa storia è solo una profonda sensazione di imbarazzo», così ammette, a fatica, Luigi.
Non ne fa una questione di responsabilità. A lui non interessa individuare colpevoli. A questo aspetto penseranno gli altri. Lui l'altro ieri era uscito di casa solo per fare la spesa: «E come avevo fatto in passato, quando lavoravo e la mia attività non si era ancora fermata a causa dell'emergenza, ho scelto di recarmi nel supermercato di fiducia in cui ero abituato a fare la spesa racconta perché ero certo che quell'esercizio commerciale accettasse i buoni pasto del Comune: lo avevo letto nell'elenco dei supermercati e dei negozi che mi era stato trasmesso nei giorni precedenti».
E qui la sua ricostruzione dei fatti si interrompe per qualche istante. Giusto il tempo di una precisazione che il padre di famiglia di San Cesario ritiene fondamentale. «Sapete, io non sono abituato a utilizzare alcuna forma di sussidio, compresi i buoni spesa - dice - ho sempre lavorato senza far mancare mai niente alla mia famiglia. Ma da marzo mi trovo in seria difficoltà. Per questo ho fatto domanda di sussidio al Comune. Solo perché avevo l'esigenza di sfamare i miei figli».
La testimonianza riprende. E si fa carica di turbamento: «Dopo aver fatto la spesa all'interno del market, che tra l'altro era abbastanza affollato, mi sono avvicinato alla cassa e ho tirato fuori il mio buono spesa. Quando la cassiera mi ha risposto che il punto vendita non accettava quella forma di pagamento, però, mi è caduto il mondo addosso: sono arrossito per l'imbarazzo. Non sapevo come replicare, non avevo parole per giustificarmi. Poi mi sono fatto coraggio e ho chiesto di lasciarmi in sospeso la spesa. Sarei passato dopo a pagarla e a ritirarla».
Una volta fuori dal market, e ancora profondamente scosso, il cittadino tira fuori il telefono: «Ho chiamato mia cognato, chiedendogli la cortesia di prestarmi il denaro per saldare il conto. Ma non è stato facile, credetemi: mi è sembrato di sommare umiliazione a umiliazione. E mentre attendevo di recuperare il denaro, fuori dal supermercato ho visto un cliente che con buona probabilità aveva assistito alla scena mettersi in contatto con i Servizi sociali del Comune per far presente l'accaduto e chiedere l'intervento immediato del Comune. Ma dovete credermi: in quel momento a me non interessava neppure capire chi avesse torto o ragione. Volevo solo pagare la spesa e tornarmene a casa. Ero troppo imbarazzato».
«Signora, questi qui non li accettiamo»: market rifiuta i buoni spesa. In coda alla cassa e costretti a farsi prestare i soldi

Un disagio che Luigi continua a provare ancora adesso a distanza di due giorni: «Sono ancora turbato. Non riesco a superare quell'imbarazzo. E anche quando tutto sarà passato e potrò tornare alla mia vita normale, credo che in quel supermercato non ci tornerò più. Forse, quando si ha a che fare con la dignità delle persone un po' di delicatezza più non guasterebbe». Già, non guasterebbe.
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