Bullismo sotto gli occhi del prof: preso per il collo, ragazzo in ospedale

Bulli
Bulli
di Erasmo MARINAZZO
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Domenica 7 Aprile 2019, 08:32
Afferrato dal collo, sollevato e fatto saltare sul pavimento. Come una molla. Più volte. Afferrato dal compagno di classe più alto, più grosso e più forte di quel gruppetto che avrebbe preso l'abitudine di umiliarlo e di menarlo.
A scuola. E al cospetto dell'insegnante: questo dice la denuncia. E' successo qualche giorno fa in una media del Basso Salento durante la seconda ricreazione. La vittima è finita in ospedale con segni tangibili sul collo ed il timore di trovarsi in una situazione senza uscita. Ineluttabile: avrebbe continuato a subire quelle prepotenze. Perché impossibilitato a tenere testa al più forte. E perché gli insegnanti lo avrebbero lasciato fare, a quel compagno che ha la forza di sollevarlo di peso, insieme al suo seguito.
Un nuovo caso di bullismo è finito all'attenzione del Tribunale per i minorenni, dopo la segnalazione arrivata dalla madre del ragazzo con la lettera inviata ai Servizi sociali. Lettera notificata anche al dirigente scolastico ed ai genitori dell'aggressore, ricordando anche di avere documentazione medica e fotografica dell'aggressione che dicono e mostrano i segni lasciati dalla violenza subita dal figlio.
E' stata inoltre informata l'autorità giudiziaria perché valuti se ci siano o meno responsabilità nel corpo docente per non avere fermato quell'atto di prepotenza e per avere consentito che in quella classe si creasse un gruppo che del bullismo ne avrebbe fatto la sua medaglia.
Sono tutti ragazzi con meno di 14 anni, la vittima e gli aggressori. Infra quattordicenni e dunque, non perseguibili penalmente. Per questo il caso resta fuori dalla sfera di competenza della Procura per i minorenni. E per questo la madre di quel ragazzo ha intrapreso tutte le altre strade per proteggerlo e per coinvolgere le istituzioni che hanno il compito di tutelare lui e gli altri compagni. Perché a subire le sopraffazioni con cadenza quasi quotidiana sarebbero stati anche altri studenti di quella classe. Ragazzi che si troverebbero nella situazione di doversi guarderebbe bene dall'incrociare gli sguardi con i bulli.
Solleciti sono arrivati alla scuola ed ai Servizi sociali. Per dire di intervenire per mettere fine alle angherie ed a quel clima di paura che si sarebbe creato in classe. E per consentire al ragazzo di mettere da parte le ansie e le paure. Per permettergli di stare a scuola sereno, per apprendere le conoscenze senza patemi e senza condizionamenti. E per tornare a divertirsi ed a scherzare con i compagni, senza il timore di finire nuovamente ridicolizzato, insultato e sottoposto ad umiliazioni fisiche.
Questa donna ha fatto presente di avere segnalato più volte che suo figlio tornasse a casa impaurito, intimidito e sostenendo di volerci più rimettere piede a scuola. Ed ha ricordato alla dirigente scolastica, come anche la responsabile dei Servizi sociali comunali che il comportamento di quel gruppo di studenti fosse noto a tutti ormai da tempo, nell'istituto. Soltanto che sarebbe stato sottovalutato. Come se le prepotenze di gruppo o del singolo dovessero fare parte della vita ordinaria scolastica. Come se il corpo docente non avesse obblighi di prevenzione e di vigilanza. Di fermare l'escalation di violenza.
Che effetto hanno avuto quelle lettere? Al netto degli iter giudiziari a cui hanno dato vita, sono servite perlomeno a porre l'attenzione sui rapporti fra i ragazzi di quella classe. Sono servite a far sì che non tutto debba essere dato per forza per scontato, ma che talvolta dietro uno scherzo possa nascondersi la persecuzione del più debole. E lui, quel ragazzo, ancora non ci crede. Non si sente tranquillo.
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