Twiga, la sfida di Briatore: «Nessun abuso edilizio
Salento senza un modello»

Twiga, la sfida di Briatore: «Nessun abuso edilizio Salento senza un modello»
di Valeria BLANCO
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Giovedì 13 Aprile 2017, 11:36 - Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 19:54

«Al Twiga di Otranto non c’è nemmeno un chilo di cemento: solo strutture prefabbricate che, tra l’altro, sorgono su un terreno privato e non sul demanio. Ho parlato con i miei soci locali, siamo sereni: è un’indagine da parte della magistratura ed è giusto che facciano gli accertamenti». È tranquillo Flavio Briatore, l’imprenditore che insieme con tre soci salentini a giugno aprirà al “Canalone” di Otranto un altro luxury club del brand Twiga, sempre che l’inchiesta aperta per presunti abusi edilizi non finisca per bloccare il cantiere. Intervenuto ieri mattina ad Agorà, su Rai Tre, per parlare di giovani e lavoro, Briatore non ha potuto fare a meno, ancora una volta, di tirare in ballo l’avventura imprenditoriale di Otranto per evidenziare tutte le difficoltà che trova in Italia chi vuol fare impresa. E lo fa con i toni coloriti e i modi diretti che più volte nelle scorse settimane lo hanno fatto finire al centro delle polemiche. Otranto è solo il casus belli, metafora di un paese paralizzato. «L’Italia - ha esordito riferendosi proprio alla controversa apertura del Twiga salentino - è un paese complicato, dove la burocrazie è regina e se vuoi fare trovi milioni di difficoltà. Quando investi in Italia non c’è mai bianco e nero, c’è sempre il rosa. È un paese litigioso, complicato, che dà poche possibilità. Noi operiamo negli Usa, a Dubai senza problemi. Questo, invece, è un paese di regole che non sono regole perché tutto è interpretazione».
Del Twiga di Briatore si parla già da qualche mese. Da quando, cioè, l’imprenditore invitato a Otranto esternò la propria opinione sul turismo e sul Salento. Finendo, manco a dirlo, investito dalle polemiche. E ieri Briatore ha chiarito il suo punto di vista: «I sindaci salentini si lamentano del “turismo del sacco a pelo” e della sporcizia. Come si alza l’asticella? Con un certo tipo di accoglienza che al momento non esiste: gli americani non vanno alla pensione Mariuccia, ma in alberghi di cui conoscono il brand come Meridien e Four Seasons, dove sanno di trovare lenzuola pulite. Non puoi andare in Salento e abbracciare un ulivo per tutta la durata della tua vacanza. Poi il mare è bellissimo, la gente è stupenda. La ricezione diffusa, i b&b ci sono già e li lasciamo: hanno la loro clientela. Ma nel Salento, come nel resto d’Italia, ci vuole anche altro».
Otranto come metafora di un’Italia immobile, con tutte le potenzialità per puntare sul turismo, ma senza voglia e capacità di segnare una svolta. Del resto, non si spiega come in un Paese dove il turismo vale 171 miliardi e produce 3 milioni occupati, fruttando circa l’11% del Pil) non si riesca a valorizzare le risorse naturali e il capitale umano. Ed ecco un altro degli intoppi incontrati a Otranto dal Twiga di Briatore: il personale qualificato che non si riesce a trovare. «I dipendenti si trovano - precisa l’imprenditore - ma non trovi quello che vorresti: cioè gente preparata, che parla almeno una lingua. Nel nostro gruppo abbiamo 600 ragazzi del sud e abbiamo proposto a tutti di andare a lavorare per sei mesi a Otranto e di tornare per gli altri sei nelle strutture dove sono già impiegati. Un pizzaiolo lo pagheremmo intorno ai 3mila euro, ma non abbiamo trovato unessuno». Rispetto alle polemiche della scorsa settimana, Briatore precisa che a Otranto così come in tutto il sud ci sono altissime professionalità, «ma i ragazzi che vanno via e trovano una sistemazione non vogliono più tornare indietro: non si può utilizzare in Italia l’investimento fatto sulla loro formazione perché mancano le strutture al loro livello».
E mentre si aspetta che il Twiga di Briatore apra battenti a Otranto, si può ingannare il tempo leggendo il suo libro quasi profetico intitolato “La ricchezza. Se l’Italia non vuole il benessere, va bene così”.

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