Berlusconi: uniti e vincenti con Giliberti e Baldassari, ora l'Albero delle libertà

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi
di Francesco G. GIOFFREDI
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Venerdì 23 Giugno 2017, 05:55 - Ultimo aggiornamento: 14:17

Silvio Berlusconi, i ballottaggi in che misura incideranno sugli equilibri nazionali? Condizioneranno le strategie dei partiti?
«I ballottaggi incideranno sulla vita quotidiana, poiché il Comune è l’istituzione più vicina ai cittadini. Questa mi sembra la cosa più importante, per cui invito tutti ad andare a votare: delegare ad altri il proprio futuro non è una scelta sensata. La sinistra ha fissato la data dei ballottaggi a fine giugno appunto per scoraggiare gli elettori moderati, per dissuaderli dall’andare a votare e indurli piuttosto ad andare al mare. Invece occorre recarsi alle urne e votare i candidati a sindaco di Forza Italia e del centrodestra, se si vuole un Comune più efficiente, meno costoso, e anche meno invadente. I nostri sindaci si sono impegnati a ridurre al minimo le imposte locali, a contenere le tariffe dei servizi locali, che invece la sinistra ha portato ovunque ai massimi livelli. Il nostro modello di buon governo delle città, che già applichiamo nelle città dove governiamo, garantisce meno tasse, meno burocrazia, più sicurezza, più attenzione verso le persone in difficoltà, più pulizia, più cura del verde e dei parchi, più decoro urbano, servizi più efficienti ai cittadini, più controlli sugli immigrati. Per quanto riguarda gli equilibri politici nazionali, una nostra vittoria avrà certamente anche una ripercussione sulle prossime elezioni politiche. Occorre però ricordare che si tratta pur sempre di elezioni amministrative, molto condizionate da fattori locali, quindi è saggio non trarne indicazioni affrettate a livello politico generale».
Ritiene ci sia un ritorno alla vecchia dinamica centrodestra-centrosinistra? Oppure siamo ormai in presenza di un “quadripolarismo” maturo, in cui recitano un ruolo da protagonisti “strutturali” anche M5s e Lega?
«Alcuni commentatori, a dire il vero molto frettolosamente, hanno interpretato il risultato assai deludente del M5S alle amministrative come un ritorno del bipolarismo, invece a livello nazionale il M5S rimane una forza temibile, assolutamente da non sottovalutare. Se guardiamo ai dati del primo turno delle amministrative, nella gran parte delle città i candidati sindaco che sono approdati al ballottaggio hanno ottenuto risultati inferiori al 40%. Ciò vuol dire che l’elettorato continua ad essere molto frammentato. Quanto alla Lega, è certamente protagonista, ma nell’ambito di una coalizione, il centrodestra, che tutti i sondaggi confermano sia oggi lo schieramento più forte».
In Puglia i riflettori sono concentrati su Lecce e Taranto. In entrambi i casi, con Giliberti e Baldassari, il centrodestra ha ritrovato l’unità. Nel capoluogo salentino però Delli Noci, un ex assessore della giunta Perrone, ha stretto l’alleanza con il centrosinistra al ballottaggio: in una delle roccaforti del centrodestra si apre qualche crepa? Per colpa di chi, anche di partiti logorati e litigiosi?
«In tutta la Puglia, non solo a Lecce e a Taranto, siamo al ballottaggio. Questo anche grazie al buon lavoro svolto dal nostro coordinatore regionale Luigi Vitali. Nessuna crepa, in particolare a Lecce: Forza Italia e gli altri partiti della coalizione sono compatti nel sostenere Mauro Giliberti, non un professionista della politica ma un valente giornalista che conosco da anni, e nel quale ho grande fiducia. Un uomo che conosce a fondo Lecce e sente il dovere di mettersi al servizio della sua città e dei suoi concittadini con passione e competenza. Sulla sua candidatura è stata naturale la convergenza di tutta Forza Italia e degli altri alleati. Un’altra scelta diversa riguarda solo il singolo che l’ha compiuta».
 Lei però aveva incontrato non soltanto Giliberti, ma anche Delli Noci: pensava che quest’ultimo potesse essere un buon candidato sindaco?
«In verità non mi ricordo del signor Delli Noci. Ricordo vagamente un giovane che mi chiese un incontro qualche mese fa, per pregarmi di dargli un posto sicuro nella lista alla Camera. Non so se sia lui o solo un suo omonimo».
Nella ricostruzione fatta da agenzie e giornali, però, il leccese Alessandro Delli Noci avrebbe esposto in quell’incontro - avvenuto a gennaio in presenza anche di Adriana Poli Bortone - il progetto delle “Primarie delle idee”: secondo l’AgenParl gli sarebbe stato anche offerto un incarico nazionale in Fi, ma decise di candidarsi in rottura col centrodestra. Passando invece a Taranto: il caos Ilva ha prodotto frammentazione della rappresentanza, ma non ha agevolato le forze di protesta e “anti-sistema”. La prova di governo in una città così ostica e al centro di tante vertenze rischia d’essere un boomerang?
«Niente affatto: non abbiamo mai avuto alcun timore di governare, anche in situazioni difficili e abbiamo dato prova di saper affrontare e risolvere emergenze di qualsiasi tipo. La sinistra, piuttosto, che a Taranto governava tutto, Regione e Comune, ha davvero gravi responsabilità nell’aver lasciato precipitare la situazione fino al punto di oggi. Taranto, i suoi cittadini, i suoi lavoratori, le sue imprese, meritavano un trattamento assolutamente diverso».
Il refrain è “il centrodestra unito vince”: ma qual è l’amalgama per tenere insieme tutti, da destra al centro, sul piano nazionale? Su molti temi nevralgici ci sono spesso distanze incolmabili tra voi, Lega, Fratelli d’Italia fino a fittiani e alfaniani.
«Il centrodestra per vincere deve essere unito. Questo è assolutamente indiscutibile e per vincere deve essere un centrodestra liberale, basato sui valori cristiani, su programmi concreti e realistici. Un centrodestra di proposta e non certamente di protesta, anche se ovviamente dobbiamo farci carico del legittimo malcontento e delle legittime paure di una parte non trascurabile della società. Lei parla di distanze nel centrodestra, ma non è così: con i nostri alleati, Lega e Fratelli d’Italia, siamo d’accordo sul 95 per cento sul nostro programma. È un programma chiaro, efficace, rivoluzionario che abbiamo riassunto simbolicamente nell’Albero della Libertà. Un grande albero che fonda le radici nei nostri valori cristiani, liberali, occidentali e che porta su ogni ramo i frutti di tre soluzioni concrete. Voglio citare solo due esempi. Il primo è una radicale riforma del fisco, con l’introduzione della flat-tax, l’imposta “piatta” uguale per tutti, famiglie e imprese, con una esenzione totale per i primi 12mila euro di reddito annui. Il secondo esempio è quello che abbiamo chiamato “reddito di dignità”, come risposta concreta a chi si trova a vivere in condizioni di povertà relativa, inferiore a quello che l’Istat considera il reddito minimo di dignità. Per la stessa ragione le pensioni minime devono essere portate a 1000 euro per tutti, e prima di tutti per una categoria di anziani spesso priva di protezione e che ha svolto nella vita una funzione fondamentale: mi riferisco alle nostre mamme, come casalinghe spesso prive di una pensione adeguata».
Lei spesso richiama lo “spirito del ‘94”, che però per un certo verso (la capacità inclusiva) è ormai appannaggio di Renzi, per altri aspetti (il nuovismo, la capacità di intercettare gli umori) è invece prosciugato da Cinque stelle e Lega.
«Credo che la capacità inclusiva di Renzi si sia ampiamente esaurita. Ha raggiunto il suo apice con l’exploit nelle elezioni europee del 2014, che hanno rappresentato una sorta di apertura di credito degli italiani verso di lui perché rappresentava una novità e una speranza, ma poi ha visto a mano a mano disgregarsi la sua base non solo politica ed elettorale, ma anche sociale. La sua riforma costituzionale è infatti risultata assai divisiva. Anche il “nuovismo” dei 5 stelle è risultato assai effimero. Non hanno prodotto alcuna soluzione concreta ai problemi dei cittadini, e basta vedere i disastri che combinano nelle città che amministrano per verificarlo. Certamente hanno intercettato giusti e legittimi malumori dei cittadini, ma non è con la protesta fine a se stessa che si governa o che si risolvono i problemi. In questa particolare fase storica, in cui gli italiani hanno comprensibilmente molte incertezze sul futuro, in cui temono per il lavoro, i risparmi, la sicurezza, la salute, solo Forza Italia rappresenta, come nel ’94, una risposta seria e credibile, una sorta di “bene rifugio” che non perde mai di valore».
Come immagina l’alleanza di centrodestra? Con la sua leadership al centro? Scarta del tutto l’ipotesi primarie?
«Le primarie, pensiamo a quelle del Pd e della sinistra, non regolamentate e non previste da alcuna legge, si sono rivelate manipolabilissime e infatti sono state manipolate, come dimostrano i tanti casi di brogli verificatisi e denunciati dalla stessa sinistra. Perché mai dovremmo cadere anche noi in questo errore? Le leadership non si creano a tavolino, né si impongono con la forza, ma emergono naturalmente quando i cittadini attribuiscono a qualcuno tale ruolo e ne riconoscono la capacità di guidare e tenere unita una coalizione. Per ora c’è un solo leader in Italia al quale gli italiani hanno dato in 20 anni qualcosa come 200 milioni di voti. Un giorno, certamente, ne sorgerà qualcun altro, senza bisogno di primarie. Nel frattempo, però, smettiamo di pensare che gli italiani si appassionino a questi temi: i cittadini vogliono sapere come e con quale credibilità risolveremo i problemi drammatici che li attanagliano. Il resto è un gioco per pochi addetti ai lavori, che davvero non mi entusiasma».
Forza Italia lascerà il posto a un nuovo partito?
«Forza Italia è un movimento, non un partito, è nata proprio per cambiare la politica, perché la politica deve sapersi continuamente rinnovare, altrimenti la democrazia muore. Per questo Forza Italia non è formata da professionisti della politica, ma da donne e uomini che hanno deciso di mettere, per un periodo della propria vita e in maniera generosa e disinteressata, le proprie competenze e le proprie energie al servizio dei cittadini e del Paese. Continueremo a dare sempre più spazio nelle nostre file a coloro che, nel mondo del lavoro, dell’impresa, delle professioni, del volontariato, della cultura, hanno dimostrato capacità e merito, a partire dai giovani e dai nostri più valenti amministratori locali».
Ricucirà i rapporti con Fitto? Intanto gli ha portato via Rocco Palese, un suo storico colonnello: lei in passato aveva espresso dubbi su di lui, l’impressione è che l’abbia corteggiato anche per lanciare un segnale di forza al neo presidente di Direzione Italia.
«Questo è un aspetto della politica che non mi interessa affatto. Palese, eletto nelle liste di Forza Italia come molti altri deputati pugliesi, ha deciso di sua iniziativa di aderire al nostro gruppo parlamentare alla Camera. Lo considero un atto di coerenza che ho appreso con soddisfazione, anche perché di Palese conosco l’esperienza, le qualità e l’abnegazione. Proprio per questo sono lieto che voglia mettere le sue competenze in materia di finanza pubblica e sul Mezzogiorno al servizio di Forza Italia».
Fitto intanto le ha anche proposto un listone unico del centrodestra. Se ne può parlare?
«Concentriamoci innanzitutto sui ballottaggi, su come ci presenteremo alle politiche è ancora prematuro stabilirlo, specialmente senza conoscere prima con che legge elettorale si voterà. Però una lista unica fra soggetti politici alleati ma diversi fra loro come Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia mi sembra molto difficile da realizzare».
Sistema-anti sistema, europeismo-populismo: linee di divisione in cui scompare il dibattito sul Sud, più di prima. Anche negli ultimi 20 anni è stato spesso considerato un fardello o un enigma irrisolto: fa mea culpa? E cosa proporrebbe per rilanciarlo?
«Il tema del Mezzogiorno è scomparso dall’agenda dei governi della sinistra, non certo dalla nostra attenzione. Mi preme ricordare che i nostri governi hanno dedicato risorse senza precedenti al Sud, per non parlare dei nostri successi sul piano della legalità, della lotta alla criminalità organizzata, del freno all’afflusso di migranti, dell’aumento della sicurezza per tutti. Una volta tornati al Governo ridaremo al Sud la centralità che merita puntando sulle sue eccellenze e peculiarità».
Naufragata la legge alla tedesca, con quale sistema elettorale vorrebbe andare a votare?
«Se questa legge fosse davvero naufragata, a mio avviso sarebbe molto difficile scriverne un’altra che abbia un consenso ampio così come auspicato dal presidente Mattarella. Per questo confido che possa essere ripreso il testo della legge su cui c’è stato l’accordo in Commissione. Si può e si deve ripartire da lì».
Lei non molla il timone e Prodi è tirato per la giacchetta, invitato a tornare in campo: andiamo verso una riedizione degli anni ‘90?
«L’ultima volta che la sinistra chiamò in causa Prodi fu in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica e sappiamo tutti come andò a finire: lo tirarono in ballo ma poi lo lasciarono a ballare da solo. Non credo che il professore abbia voglia di ripetere l’esperimento».

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