Sanità e tangenti: la funzionaria Asl nega. L'altro arrestato ammette: «Una mazzetta, ma la mia azienda è estranea»

Sanità e tangenti: la funzionaria Asl nega. L'altro arrestato ammette: «Una mazzetta, ma la mia azienda è estranea»
di Erasmo MARINAZZO
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Venerdì 12 Giugno 2020, 14:22 - Ultimo aggiornamento: 19:53
Ci sono altri quattro arresti nell’ambito dell’operazione "Buste pulite" della Guardia di Finanza di Lecce, che ha scoperto un presunto giro di tangenti all'interno della Asl di Lecce.
Le Fiamme Gialle stanno dando esecuzione - in queste ore - ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere ed agli arresti domiciliari emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Lecce su richiesta della Procura della Repubblica di Lecce nei confronti di 4 persone (due in carcere e due ai domiciliari), responsabili - insieme ad altri quatto soggetti indagati a piede libero - di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione e falso ideologico continuato in atto pubblico.

Le indagini, condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Lecce, coordinate dalla Procura della Repubblica di Lecce, nascono da autonoma attività d’intelligence degli investigatori che hanno approfondito la significativa e repentina crescita del volume d’affari di diverse società salentine operanti nel settore della fornitura di apparecchiature elettromedicali alla Asl.
Al centro di questa dinamica, riguardante in particolare la Asl di Lecce è così emerso un consolidato rapporto corruttivo tra una funzionaria dell’ente, la 46enne Carmen Genovasi, di San Pietro in Lama, arrestata lunedì scorso e sospesa dal servizio, che è stata interrogata questa mattina in carcere, un altro dipendente e alcuni imprenditori attivi nel settore del commercio di ausili protesici, sanitari, ortopedici ed audiometrici, tra cui Fabio Bruno, 57 anni, di Galatina, anche lui sentito oggi.
Lo scorso 8 giugno oltre all’arresto in flagranza della funzionaria e di un dipendente di un’impresa privata colti in flagranza di scambiarsi una busta contenete 850 euro di denaro contante; altro denaro contante in blocchetti da 50 euro è stato rinvenuto nel corso delle perquisizioni sia presso la Asl che presso le abitazioni degli arrestati.

L’accordo corruttivo tra i dipendenti pubblici e diversi imprenditori, tra i quali quelli coinvolti nell’odierna operazione, prevedeva l’assegnazione diretta delle pratiche di fornitura di ausili medici agli operatori economici, di fatto ignorando il diritto di scelta del paziente, garantendo così non solo ad alcuni imprenditori un illecito vantaggio patrimoniale in danno dell’Ente di appartenenza, spesso costretto a fornire ausili sanitari protesici o elettromedicali pagandoli più del dovuto, ovvero a fornire ausili non realmente adeguati alle necessità del paziente, ma anche azzerando la concorrenza di altri imprenditori esclusi dall’accordo illecito.

In un caso, gli indagati hanno finanche tentato di fornire una carrozzina indicata per attività agonistica (più costosa) ad una paziente allettato di 91 anni d’età.

Oltre al denaro contante i finanzieri hanno documentato numerose altre utilità scambiate al fine di ottenere le pratiche di assegnazione delle pubbliche forniture tra cui la falsa assunzione del marito della funzionaria da parte di un imprenditore, poco tempo dopo licenziato per ottenere il beneficio dell’“indennità di disoccupazione”, elettrodomestici, generi alimentari nonché i D.P.I. (dispositivi di protezione individuale), difficilmente reperibili e venduti a peso d’oro durante il blocco totale del Paese dovuto all’emergenza epidemiologica.


Durante l'interrogatorio di questa mattina la Genovasi ha sostenuto che il denaro contenuto nella busta, suddiviso in banconote da 50 euro, fosse suo e le servisse per affrontare delle spese extra. Diversa la versione del rappresentante dell'azienda di protesi, arrestato nella stessa operazione e interrogato in carcere, Giuseppe Bruno, 57 anni, di Galatina.

L'uomo ha ammesso che si trattava di una mazzetta richiesta dalla manager per ottenere in cambio delle prescrizioni per due suoi conoscenti. Secondo la versione del 57enne, insomma, la sua azienda sarebbe del tutto estranea all'accaduto.

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