L'intervista/Rollo (ASL): «Sanitari no vax, 100 fra medici, infermieri e oss vanno ricollocati»

L'intervista/Rollo (ASL): «Sanitari no vax, 100 fra medici, infermieri e oss vanno ricollocati»
di Paola ANCORA
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Mercoledì 10 Marzo 2021, 12:10 - Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 16:21

Caserme, palazzetti, capannoni vuoti: uno degli assi portanti della campagna vaccinale secondo il Governo Draghi è l'utilizzo di grandi edifici. Un cambio di passo che mira a vaccinare - dosi permettendo - 6 milioni di italiani al mese e rimette in gioco la Protezione Civile, tutte le strutture dello Stato (forze di polizia, forze armate, associazioni di volontariato), per garantire una nuova, unica linea operativa dell'emergenza Covid. Anche la Puglia si è allineata, da Bari a Brindisi, tranne Lecce, dove di hub vaccinali - a tre settimane dall'ultimo vertice in prefettura - ce ne sono soltanto due, a Lecce e a Galatone. E nella stanza dei bottoni della sanità regionale, a Bari, c'è chi storce il naso.
Rodolfo Rollo, lei è direttore generale della Asl salentina. Perché qui si fatica a trovare luoghi adatti a velocizzare le vaccinazioni?
«Abbiamo fatto 16.734 vaccinazioni (prima e seconda dose), mentre 50.813 cittadini hanno ricevuto solo prima dose. Siamo di poco sotto alla provincia di Bari, ma a differenza che altrove qui ci sono 96 comuni, il 75% dei quali con meno di 5.000 abitanti. L'organizzazione della campagna è diversa e deve esserlo. Inoltre, attendiamo la valutazione di fattibilità tecnica sui siti indicatici da alcuni comuni, per capire se si possano usare o meno».
Dove si trovano questi potenziali hub?
«Abbiamo avuto la disponibilità di sedi ampie a Maglie, Galatina, Nardò, Gallipoli e Squinzano. Fino a quando non saranno disponibili, proseguiremo con i servizi vaccinali nei singoli comuni».
Il contagio al reparto Oncologico dell'ospedale Vito Fazzi, a Lecce, si poteva evitare?
«Certo, si sarebbero potuti evitare tutti i focolai negli ospedali, tutto è perfettibile. Prima dell'Oncologico, c'è stato un focolaio a Neurologia. E, ancora prima, abbiamo dovuto chiudere i reparti di Medicina a Gallipoli e a Scorrano. Il virus entra nelle strutture sanitarie perché cammina sulle nostre gambe: se un paziente ha bisogno del ricovero e il suo tampone è negativo, nulla vieta che diventi positivo due giorni più tardi benché il contagio sia avvenuto molto prima del ricovero. Cosa facciamo? Li rimandiamo a casa?».
Ma i cittadini sperano che l'ospedale sia un luogo sicuro dove andare.
«Ci sono per forza dei rischi all'interno di una struttura come la nostra, che conta 1.600 posti letto. Il sistema di protezione ha fallito? Sì, più volte. Potrà succedere di nuovo? Certo. Perché aumenta la possibilità che più persone abbiano la malattia e il virus ha cambiato volto: il rischio si moltiplica. Poi è ovvio che i margini di sicurezza in un ospedale siano molto superiori a quelli di un supermercato, ma nemmeno gli ospedali sono impenetrabili. Per questo effettuiamo solo le prestazioni indifferibili».
All'Oncologico, accanto a 18 pazienti, sono stati contagiati anche 4 infermieri. Uno di loro non ha potuto sottoporsi al vaccino per motivi di salute. Perché non lo avete trasferito?
«Lo trasferiremo ad altra sede».
Ma perché non lo avete fatto prima?
«Nessuno può dirci se quell'infermiere è stato il vettore del virus o una vittima. Per questo tutti devono continuare a usare la mascherina e mantenere il distanziamento. Dopo di che, va detto che il paziente cardiopatico che viene in ambulatorio non è meno fragile del paziente oncologico. Sistemare il personale non vaccinato non è un problema di semplice risoluzione».
Quanti sono i medici, gli infermieri e gli Oss non vaccinati?
«Sono circa 200. Di questi, la metà non ha potuto sottoporsi al vaccino per motivi di salute. Poco meno di 100 sono invece coloro i quali non hanno voluto vaccinarsi».
Cosa pensate di fare con loro? L'assessore alla Salute, Pier Luigi Lopalco ha paventato il licenziamento.
«Dobbiamo capire come collocarli. Attendiamo indicazioni nazionali».
La variante inglese sta intasando i laboratori di analisi dei tamponi. Sappiamo di attese lunghe anche 10 giorni. Cosa dobbiamo aspettarci?
«Con la recrudescenza epidemiologica, i tamponi sono moltissimi. Non è facile fare tutto».
Sappiamo di forti liste d'attesa sugli screening di prevenzione dei tumori. Ci quantifica l'entità del problema?
«Non voglio darle numeri a casaccio, ma certamente siamo stati costretti a rallentare la cosiddetta medicina di iniziativa, anche solo per rispettare il distanziamento. L'obiettivo è arrivare ad avere uno zoccolo importante di persone vaccinate e recuperare il tempo perduto. I ritardi, è indubbio, ci sono».
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