L'assassino dei due fidanzati: caccia al movente nei file del pc. I libri, i film, la tv: le domande del giudice

L'assassino dei due fidanzati: caccia al movente nei file del pc. I libri, i film, la tv: le domande del giudice
di Valeria BLANCO
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Sabato 10 Ottobre 2020, 11:27 - Ultimo aggiornamento: 12:16

Letture, musica ascoltata, video guardati su Youtube, film visti al cinema o in Tv. Anche su questo si concentrano le indagini per ricostruire il movente che ha spinto il 21enne Antonio De Marco a uccidere con circa 80 coltellate l’arbitro Daniele De Santis e la compagna Eleonora Manta. Troppi “non so” e “non ricordo” nella sua ricostruzione della preparazione del duplice omicidio, progettato già dalla metà di agosto. E poi quei bigliettini in cui c’era un accenno all’intenzione di legare e torturare i malcapitati, di lasciare un messaggio scritto sul muro.
La verità si cerca proprio in queste ore nel computer e nei tre telefoni cellulari sequestrati all’aspirante infermiere: i risultati della perizia arriveranno entro giovedì e forse sapere a chi ha scritto Antonio, che video ha guardato, quali siti internet ha consultato nelle settimane precedenti l’omicidio, contribuirà a far fare un passo avanti verso la verità.


«Li ho uccisi forse perché erano troppo felici». L’unica spiegazione offerta da De Marco al giudice, in sede di interrogatorio per la convalida dell’arresto, non convince. Il gip Michele Toriello insiste molto su questo punto, vuole sapere cosa fa Antonio nel tempo libero. Legge? Guarda dei film? Ha per caso visto il film “Seven” con Brad Pitt? Anche lì c’erano degli omicidi e scritte sul muro che rimandavano ai sette vizi capitali. Il giudice vede delle inquietanti analogie, ma quel film Antonio dice di non averlo mai visto. E non sembrano esserci messaggi di violenza dietro il fumetto che Antonio ha acquistato pochi giorni dopo l’omicidio. L’ultimo libro letto? “Riccardo III” di Shakespeare, in cui si parla del “regno del terrore”. Ma non basta a spiegare la violenza di quello che Antonio ha fatto e di quello che non è riuscito a fare.
Trovare il movente è cruciale, anche per dare ai genitori di Daniele ed Eleonora il piccolo conforto della verità.

Dove ha trovato l’ispirazione, Antonio, per progettare di uccidere due ragazzi con cui a malapena aveva scambiato quattro chiacchiere? Per scrivere un timing del duplice omicidio su cinque bigliettini ritrovati poi sporchi di sangue? E cosa avrebbe voluto scrivere sul muro di quell’appartamento di via Montello, delle cui chiavi aveva fatto una copia già a metà agosto? «Una parola. Forse una citazione della Bibbia», dice lui senza convinzione. E ritorna il richiamo a “Seven”. Antonio non sa, non ricorda molto. Forse ricorderà e racconterà qualcosa in più, come gli hanno suggerito la sorella, che è andata a trovarlo in carcere, e come torneranno a dirgli i genitori, che dovrebbe incontrare oggi o nei primi giorni della prossima settimana.


Tante le domande che aspettano di trovare una risposta. «Non so neanche io che cosa mi ha spinto a fare quello che ho fatto. Forse un mix di cose». E fino a che Antonio non troverà il coraggio di ricostruire cosa è passato per la sua mente nelle settimane prima dell’omicidio, le speranze di ricostruire il filo dei suoi pensieri sono attaccate ai contenuti del suo pc e dei tre telefoni.

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