«Ho venduto io il coltello all'assassino. Non riesco a non pensare a cosa ha fatto»

«Ho venduto io il coltello all'assassino. Non riesco a non pensare a cosa ha fatto»
di Katia PERRONE
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Venerdì 2 Ottobre 2020, 23:27 - Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 15:09

Una lama di 29 centimetri, liscia da un lato, dentellata dall’altro, un’impugnatura pesante tale da permettere una presa ferma, decisa.
Queste le caratteristiche di un coltello che nonostante, all’apparenza, dia subito l’idea di un’arma pericolosa che è facile immaginare in mano solo a dei professionisti, in realtà può essere acquistata liberamente da chiunque abbia la maggiore età. A confermarlo è lo stesso titolare del negozio specializzato nel settore degli articoli militari dove, probabilmente, qualche giorno prima del delitto, avrebbe acquistato Giovanni Antonio De Marco, il 21enne reo confesso del duplice omicidio di Daniele De Santis ed Eleonora Manta.

«Coltelli come questi si possono acquistare ovunque – racconta ancora scosso il commerciante – e pensare che in questo negozio possa entrare una persona capace di commettere un simile gesto mi crea ansia, mi fa stare male».
Non riesce a parlare il titolare del negozio, vorrebbe solo dimenticare. Si muove nel negozio, risponde alle domande dei clienti, cerca di seguirli e consigliarli nell’acquisto. «Non riesco a non pensarci, e vorrei invece non pensarci più – continua – se penso che lo abbiamo servito noi, che lo avevamo poche decine di centimetri, oltre questo balcone, io e il mio collega, mi angoscia. Come facciamo noi a sapere, quando vendiamo qualcosa, chi abbiamo realmente davanti. Qualche giorno fa sono venuti a chiedermi se fosse entrato qualcuno a comprare un coltello da caccia, io ho annuito, ho cercato di ricordare, ed effettivamente una persona lo aveva acquistato».
Poi quando è stato pubblicato il fotogramma, e dopo l’arresto, i media hanno rimandato continuamente la foto del giovane reo confesso, ritenuto l’autore dell’omicidio della giovane coppia, il mondo gli è cascato addosso. «Ci penso e ci ripenso di continuo, so che non è colpa mia, ma non riesco a non pensare a quanto è successo. Ho fatto tutto quello che potevo fare, sono stato sentito ed ho collaborato con i carabinieri come ho potuto, ma ora vorrei solo non pensarci più».
La tragica fine dell’arbitro di calcio e della sua compagna ha colpito tutti in città, così come nei comuni della provincia. Ha varcato i confini regionali per essere ribattuta dalle agenzie di stampa ed avere un’eco nazionale. Anche chi non li conosceva si è sentito coinvolto, si è unito al dolore di due famiglie, ha conosciuto il volto, giovane e insospettabile, del loro presunto omicida, e lo strazio, le lacrime di due madri distrutte dal dolore hanno raggiunto il cuore di un’Italia intera. «Qui non si parla d’altro – conclude il negoziante – vorrei tanto non sentire più i commenti, e non ricevere più delle domande. Vorrei staccare per un po’, forse anche chiudere il negozio perché ripensare a quei ragazzi e a quello che è successo fa troppo male».
E che faccia male glielo si legge in faccia, si sente dal respiro, dall’angoscia che prova nel parlare, in quegli occhi emozionati e lucidi e nella voce strozzata e preoccupata di chi non ha più né la voglia e né la forza di parlare, e non vede l’ora di rientrare a casa e non pensare.

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