Amore e guerra: la passione “top secret” viaggiava nascosta dal francobollo

Amore e guerra: la passione “top secret” viaggiava nascosta dal francobollo
di Azzurra DE RAZZA
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Mercoledì 10 Gennaio 2018, 21:28 - Ultimo aggiornamento: 21:29

Cartoline con un segreto sotto il francobollo. L’amore a distanza, al tempo di guerra, si alimentava, talvolta, grazie a piccole comunicazioni “off limits”, nascoste nei due centimetri di affrancatura. Cosa fossero una lettera, una cartolina, inviate da un militare lontano, sul fronte di guerra, possiamo forse solo immaginarlo, oggi. La necessità di comunicare che si era ancora in vita, di continuare ad essere atteso, la speranza della fine del conflitto e del ripristino della propria vita vivevano in piccole o lunghe righe scritte tribolando. Dimenticate la facilità, l’immediatezza, la spensieratezza di un messaggio inviato con lo smartphone. E pensate a un tempo in cui non era facile poter esprimere ciò che si aveva in mente, perché non era consono o lecito farlo. Ecco allora che, per esempio, una cartolina inviata alla propria giovane amata capitava contenesse un messaggio semplice e conciso nella parte diciamo così “pubblica”, ed un altro, ai limiti dell’erotismo per quel tempo, in quella segreta.
“Ricevi i più cordiali saluti. Tuo Antonio”, scritto bello grande da una parte, e “Tanti bacioni sulle tue labbra di rosa”, in scrittura minuscola, dall’altra. L’altra era quella che mamma, papà, zii, vicini, il postino o qualunque altro funzionario non avrebbero mai dovuto vedere.
Ingegnarsi a trovare un codice, a distanza, tra innamorati. Come Antonio e Lucia, ventenni o quasi tra il 1939 e il 1945. Lei a Tuglie e lui in Piemonte, da cui inviava romantiche cartoline con soli e semplici “saluti”, mentre i proibiti “baci” finivano nello spazio che poi sarebbe stato coperto dal francobollo. Mini scritture che Lucia svelava in grandissimo segreto, umettando la zona, con un po’ di calore, con dedizione e attenzione, per non cancellare la scritta che veniva fuori solo una volta staccato il bollo. Letteratura erotica in miniatura, che provocava fremiti, nella semplicità dell’espressione, dalla grande portata, nella misura in cui faceva riferimento a parti del corpo, anche solo labbra da baciare.
“Baci amore tanto tanto”. “Tanti baci amore mio, ti penso sempre”. Mentre nella parte “pubblica” della cartolina si leggeva “Sempre pensando a te”, “Ti invia tanti saluti chi sempre ti pensa”.
A testimoniare, custodire memoria e raccontare di questo scambio epistolare a due facce è Annarita Merenda, figlia di Antonio e Lucia. É lei a conservare oggi le cartoline in questione, che sono quelle ricevute e conservate per quasi ottanta anni dalla madre.

 

«I miei genitori si fidanzarono nel ’37, poi mio padre partì in guerra due anni dopo circa. Stette lontano fino al ’45, tornando solo un paio di volte in otto anni - dice - la loro era una storia simile a molte altre: capitava spesso che ci si fidanzasse, se non addirittura sposasse, conoscendo ben poco l’uno dell’altro in realtà. Tutto era più lento ma è bastato un “tegnu pensieri pe teve” a sancire un legame prima della partenza a causa del conflitto in corso, con l’ovvio coinvolgimento della famiglia di entrambi».
Il resto è cresciuto per anni nella lontananza, coltivando amore e desiderio. Alla fine della guerra il rientro, nel ’47 il matrimonio, sei figli, una vita insieme, da contadini, ad Alezio, di cui era originaria la famiglia di lei. «Conservo queste cartoline con emozione e tenerezza - dice Annarita - anche se lei, mia madre, quando facevo domande sui messaggi sotto il francobollo minimizzava e diceva ‘ma cce bb’eramu fessi’».

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