Alessano, è il giorno di Francesco: «Tonino, nome umile in una terra di frontiera. Il Mediterraneo sia arca di pace e non arco di guerra»

Foto: Marco VERRI
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Venerdì 20 Aprile 2018, 09:09 - Ultimo aggiornamento: 18:46

ALESSANO - Momenti di forte commozione nel Salento dove il Papa, oggi in visita ad Alessano per l'omaggio a don Tonino Bello, si è fermato a pregare in solitudine sulla tomba del "vescovo dei poveri", a 25 anni dalla morte.

Il papa è arrivato in elicottero sulla tomba di don Tonino e dopo alcuni minuti ha accolto i familiari del vescovo. Poi a bordo della papa mobile si è unito ai fedeli, circa 25mila persone, nel grande parco allestito per l'evento.
«Tonino, nome umile, nome semplice in questa terra di frontiera», ha detto il pontefice che poi si è fermato a incontrare un gruppo di persone tra cui alcuni malati e portatori handicap. Alle 10.07 il papa è ripartito alla volta di Molfetta dove prosegue la sua visita pastorale nei luoghi di Don Tonino.
«Capire i poveri» per don Tonino Bello «era vera ricchezza. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa. Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda». Bergoglio ha ricordato don Tonino Bello, sacerdote che marciò contro la guerra, davanti a 20mila fedeli. «Il nome di don Tonino - ricorda il Papa - ci dice anche la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori, il suo desiderio di privarsi di qualcosa per Gesù che si è spogliato di tutto, il suo coraggio di liberarsi di quel che può ricordare i segni del potere per dare spazio al potere dei segni. Don Tonino non lo faceva certo per convenienza o per ricerca di consensi, ma mosso dall'esempio del Signore. Nell'amore per Lui troviamo la forza di dismettere le vesti che intralciano il passo per rivestirci di servizio, per essere "Chiesa del grembiule, unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo"».

In 20mila hanno raggiunto il comune del sud Salento per unirsi alla preghiera del pontefice che dopo Alessano farà tappa a Molfetta dove Don Tonino operò per molti anni.



Il discorso del Papa. «Ho appena pregato sulla sua tomba, che non si innalza monumentale verso l’alto, ma è tutta piantata nella terra: Don Tonino, seminato nella sua terra, – lui, come un seme seminato –, sembra volerci dire quanto ha amato questo territorio». «Capire i poveri era per lui vera ricchezza, era anche capire la sua mamma, capire i poveri era la sua ricchezza. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa. Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda». «Don Tonino ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero. Don Tonino sentiva il bisogno di imitarlo, coinvolgendosi in prima persona, fino a spossessarsi di sé. Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l’indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l’incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità. Non stava con le mani in mano: agiva localmente per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia. Infatti, se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra. La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione».

Le parole sul Salento e il Mediterraneo. «Questa meravigliosa terra di frontiera – finis-terrae – che Don Tonino chiamava “terra-finestra”, perché dal Sud dell’Italia si spalanca ai tanti Sud del mondo, dove «i più poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e sempre di meno». Siete una «finestra aperta, da cui osservare tutte le povertà che incombono sulla storia», ma siete soprattutto una finestra di speranza perché il Mediterraneo, storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un’arca di pace accogliente».
 
 
 

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