La storia di Ahmad, da Kabul al Salento: «Altri non ce l'hanno fatta: ho salvato la mia famiglia»

La storia di Ahmad, da Kabul al Salento: «Altri non ce l'hanno fatta: ho salvato la mia famiglia»
di Anna Manuela VINCENTI
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Martedì 1 Febbraio 2022, 08:22 - Ultimo aggiornamento: 17:24

Un odore di cucina, forte e speziato, viene incontro non appena varcata la porta di casa. Qui, a Melpignano, vive la famiglia Yaqubi, messa in salvo, dai corridoi umanitari, qualche giorno prima che i talebani ad agosto occupassero il governo di Kabul.
Ahamad e la sua famiglia sono riusciti a fuggire da Kabul grazie all'aiuto di una zia, che è riuscita ad inserirli nei viaggi dei corridoi umanitari Aquila Omnia organizzati dal Ministero della Difesa. Un volo speciale che li ha portati, il 24 agosto, lontano dall'orrore vissuto in quei giorni dagli abitanti di Kabul. Un orrore che non li ha risparmiati del tutto: nella loro città sono rimasti alcuni dei loro parenti. Soprattutto Ahmad ha perso suo padre. Il 17 agosto, il giorno dopo dell'arrivo dei talebani, è stato ucciso: era il direttore di una delle banche più importanti di Kabul e proprio per questo primo bersaglio dei talebani.

La fuga in Italia

Ahmad Shah Yaqubi ha 42 anni, sua moglie Rohina ne ha 40 anni. Con loro ci sono i quattro figli: Mustafa di quasi 10 anni, Yusuf di 8, Sana di 6 anni e Nida di 2 anni. Dallo scorso dicembre, come detto, sono ospitati da Melpignano, all'interno del progetto Kalos Irtate promosso dalla Grecìa Salentina, finanziato dal Ministero degli Interni, e portato avanti dall'associazione Philos Aps di Martano. Quarantatre persone, divise in nuclei familiari di diverse nazionalità, ricevono vitto e alloggio e diversi servizi. Risiedono nei tre comuni che hanno aderito al progetto: Carpignano Salentino, Melpignano e Zollino.
A Melpignano ad accogliere è il sorriso della piccola Nida, un sorriso innocente come solo quello dei bambini può essere.

La lingua non è un ostacolo, superato grazie alla traduzione del mediatore culturale dell'associazione Philos, Naim Animi, anche lui afgano: è arrivato in Italia dal 2009, attraverso i viaggi della speranza in mare.

Il racconto

Ahmad racconta della sua vita prima di quei drammatici giorni: «Ho 42 anni e da vent'anni lavoro in una banca tra le più importanti, avevo una vita impegnata, una bella casa di cinque piani che dividevo con tutta la mia famiglia e poi improvvisamente tutto è cambiato. Siamo scappati solo con i vestiti che avevamo addosso, non siamo riusciti a portare via niente, tutta la nostra vita, i nostri ricordi, tutto quello che avevamo è rimasto lì». Mentre parla non si capisce quello che dice, mai i suoi occhi raccontano di una nobiltà d'animo, di una sofferenza che non necessita di parole.

«Eravamo contenti che i militari italiani ci avevano accolto - dice, ripercorrendo i primi momenti del viaggio in aereo -, eravamo contenti di essere riusciti a scappare, siamo stati subito in quarantena. All'inizio eravamo molto preoccupati, non sapevamo dove saremmo andati. I primi giorni sono stati molto difficili per noi, perché a Kabul abbiamo lasciato tutto, i soldi, la casa, i nostri ricordi. Dopo i 15 giorni di quarantena, siamo stati per un periodo a Piacenza e poi a dicembre siamo arrivati qui a Melpignano».

I ricordi

Ahmad racconta della situazione nel suo Paese: «Prima le donne erano libere di fare quello che volevano, chi voleva lavorare poteva farlo, oggi purtroppo tutte quelle libertà non ci sono più. Speriamo bene, per il momento io vedo tutto nero, la situazione potrebbe peggiorare ancora di più».
«Sono contento di essere qui - dice Ahmad -, ringrazio per aver avuto la fortuna di portare in salvo la mia famiglia. Spero che prima o poi la situazione nel mio Paese cambi, ma so che ora devo iniziare daccapo qui. Non è facile, qui non mi manca niente, sono aiutato da tutti, ma io non sono capace a stare fermo, ho sempre lavorato e spero di riuscire a trovare presto un lavoro. Accompagno i miei figli a scuola e sto seguendo i corsi per imparare la lingua italiana, ma faccio molta fatica a stare a casa, prima ero sempre impegnato. È un periodo molto difficile, spero che passi presto e che lo superi nei migliore dei modi. Mi piacerebbe continuare a fare quello che facevo in banca, ma qualsiasi lavoro mi andrebbe bene. Mi piace molto cucinare e vorrei diventare un grande cuoco».

Naim, l'interprete, racconta dei disagi dei bambini e delle lacrime della piccola Sana, di sei anni: ogni giorno lo chiamavano da scuola perché voleva stare nella stessa classe dei fratelli. I bambini non riescono a comunicare con le maestre e con i compagni. A Piacenza avevano un mediatore culturale anche a scuola, ma lui non ha abbastanza ore per riuscire a seguirli in tutto. La sindaca di Melpignano Valentina Avantaggiato è contenta di ospitare nel suo comune le due famiglie quella tunisina, che ha affrontato una lunga traversata in mare, è stata accolta a novembre e quella afgana a dicembre. «Entrambe sono supportate da progetti Siproimi. Conoscere le loro storie e dialogare con loro è stato fonte di arricchimento e spero che sia un esempio di integrazione con i nostri cittadini. Si può fare cultura in tanti modi. Confronto, scambio e dialogo sono sempre occasioni di crescita. E poi è anche un modo per ripopolare il nostro piccolo borgo».
 

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