Acaya, mura e fossati tra incuria e degrado. Il caso in Parlamento: «Soprintendenza disponibile al restauro, il Comune si muova»

Acaya, mura e fossati tra incuria e degrado. Il caso in Parlamento: «Soprintendenza disponibile al restauro, il Comune si muova»
di Paola ANCORA
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Sabato 10 Luglio 2021, 11:01

Ad abbatterle non furono i colpi di bombarda, ma l'incuria. Un epilogo drammatico, che sembra scritto per le mura di Acaya, piccola frazione di Vernole che ospita castello e fortificazioni di età rinascimentale, fra i più fulgidi e conservati esempi di architettura militare di quell'epoca. Un gioiello che, purtroppo, versa nell'abbandono come ha avuto modo di denunciare due mesi fa Italia Nostra e come, oggi, sottolinea il senatore Saverio De Bonis (Gruppo Misto) in una lettera al sindaco di Vernole, Francesco Leo.

La missiva


«Il nostro Sud scrive conserva gemme inestimabili che costituiscono il paesaggio non solo fisico e urbanistico, ma anche culturale e morale della nostra comunità» e, per questo prosegue il senatore - «è nostro preciso dovere, a tutti i livelli istituzionali, preservare questo delicato equilibrio fra natura, ruralità, storia e cultura troppo spesso messo a repentaglio dalle speculazioni, dall'incuria, dall'inerzia o anche solo dall'eccessiva mole di responsabilità cui sono sottoposti amministratori e soprintendenze». I primi, in particolare, svuotati di risorse, ma non di responsabilità. Tuttavia, il caso di Acaya è un pugno sul volto più autentico e bello del Salento culturale, al quale troppa poca attenzione si è prestata fino a oggi.
Dunque, la missiva di De Bonis - se non suona a vera e propria ramanzina istituzionale - poco ci manca.

Perché, come specifica il senatore, cittadini e associazioni lo hanno «reso partecipe della situazione in cui si trovano mura e fossati del castello di Acaya» e che abbiamo documentato, poco tempo addietro: incuria e dimenticanza si sono stratificate per decenni, lasciando un'eredità di crolli ed erbacce lungo tutto il perimetro delle mura e dei fossati.

Un abbandono che viene da lontano


De Bonis ricostruisce la vicenda nella sua lettera a Leo, evidenziando come per la Soprintendenza dei Beni culturali di Lecce, Brindisi e Taranto sia «indispensabile l'individuazione dei proprietari dei diversi tratti di mura», con relativi cespiti catastali e «la ricognizione dei dei luoghi interessati dai provvedimenti di vincolo».
Ma nonostante due diversi sopralluoghi, nel 2013 e nel 2018, e nonostante la manifestata disponibilità del braccio operativo ministeriale a intervenire per salvare l'opera di Gian Giacomo dell'Acaya, il Comune non ha mai ottemperato alle richieste di ricognizione delle proprietà e dei vincoli insistenti sull'area, di fatto rendendo impossibile qualsiasi lavoro di restauro del bene. «Sarebbe un segnale importante chiude De Bonis se il Comune lavorasse di concerto con la Soprintendenza per dare impulso ai lavori (..) e procedere quanto prima al ripristino di questo importante complesso culturale». Prima che sia troppo tardi. 

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