Salento, prete abusò di un minore. La telefonata choc:
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Salento, prete abusò di un minore. La telefonata choc: «Era affetto, dammi il tuo iban»
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Giovedì 28 Febbraio 2019, 19:35 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 21:23
Riemergono dal passato accuse di pedofilia contro un prete di un paese del Nord Salento. Nei giorni del summit del Vaticano La protezione dei minori nella chiesa sui minori vittime degli abusi dei sacerdoti, il sito Retel'abuso.it ha pubblicato integralmente l'audio di una telefonata fra quel prete che oggi ha poco più di 70 anni ed un uomo di 40 anni. Un dialogo di 12 minuti in cui il prelato ammette gli abusi ed i palpeggiamenti di 30 anni fa, cercando tuttavia di ridimensionarli a gesti di affetto. Una telefonata risalente al 2016 e fatta dal prete una volta venuto a sapere che uno dei suoi ex pupilli stava per sposarsi: gli chiede il codice Iban perché vuole fargli un regalo.
Una telefonata finita anche questa nel fascicolo aperto dal pubblico ministero della Procura di Lecce, Stefania Mininni, che vede il sacerdote iscritto sul registro degli indagati per violenza ed abusi sessuali si minori. Vittima quell'uomo che ha tombato nell'inconscio per quasi 30 anni quelle attenzioni morbose che avrebbe dovuto subire dai 9 ai 16 anni. E vittime anche altri bambini. Anche loro alla fine degli anni 80. Come quell'uomo che una settimana ha fatto outing: «Mi ha rubato l'infanzia, mi ha rovinato la gioventù, mi ha distrutto la vita», ha scritto nel suo profilo Facebook pubblicando una foto del prelato degli anni in cui lo avrebbe frequentato. «Ci portava a casa sua, sopra l'azione cattolica. O al mare. Mi ricordo che mi faceva sedere su di lui e si strofinava. Con tutto il costume».
La Curia dal canto suo ha già adottato dei provvedimenti, per scongiurare l'eventuale ripetersi degli abusi. In attesa dell'esito dell'istruttoria aperta dal Vaticano e dell'inchiesta penale. Sono stati i vescovi a prendere le iniziative: monsignor Domenico D'Ambrosio oltre un anno fa lo inibì a svolgere funzioni pubbliche: sospensione a divinis, non può più né presiedere né concelebrare l'eucaristia e gli altri sacramenti. In tempi più recenti monsignor Michele Seccia ha disposto il trasferimento in un convento. Lontano, insomma, dalla vita pubblica.
Quanto all'inchiesta penale resta necessariamente condizionata dal troppo tempo ormai trascorso: i reati contestati sono ampiamente prescritti. Sebbene siano stati ammessi in quella telefonata pubblicata da Retel'abuso.it che attacca con la frase: «Dammi l'Iban che voglio farti un regalo per il matrimonio». E che dimostra come certi traumi non si superino dopo tanti anni e dopo che quell'uomo si era costruita la vita con una lavoro all'estero, moglie e figli: «Perché tutti quegli abusi, quando ero bambino», la risposta alla proposta di versargli del denaro come regalo di matrimonio.
L'ammissione degli abusi arriva subito. Con la risposta. Che sembra quasi una proposta di scendere a patti: ti faccio il regalo, ti dò dei soldi, ma tu dimentica tutto: «E' stata una debolezza, ma io ti ho voluto sempre bene, mica ti ho fatto del male, mica ti ho violentato. Ora facciamo come vuoi, ti devo dare qualcosa».
Il prelato va oltre. Incalza l'ex bambino parrocchiano per aiutarlo nel procedimento disciplinare avviato dal vescovo: «Il vescovo sa di me. Vai e parlagli, tu mi devi scusare e mi devi perdonare. Basta che mi perdoni questo mi interessa a me».
L'effetto è stato invece inverso: prima l'allontanamento dai fedeli e poi l'esilio in convento.

LA REPLICA DELLA CURIA
«A seguito della diffusione in rete di un file audio che svela i contenuti di una telefonata intercorsa tra un sacerdote della diocesi di Lecce e una persona che - stando al dialogo - risiederebbe in Germania, e soprattutto a seguito della fuorviante interpretazione offerta nei testi di lancio dal sito web che ha ritenuto di pubblicare
la registrazione, si rende noto che l’arcivescovo Michele Seccia, informato del caso all’indomani del suo insediamento a Lecce, avvenuto nel dicembre 2017, ha immediatamente adottato nei confronti del sacerdote in questione tutti i provvedimenti cautelativi consentiti dalla normativa ecclesiastica vigente.
Insinuare il sospetto che l’arcivescovo, venuto a conoscenza delle circostanze riferite nella telefonata, abbia anche solo tentato di coprire eventuali abusi, costituisce una grave distorsione della realtà. A seguito dei recenti sviluppi, infatti, S.E. mons. Seccia ha provveduto a rendere ancor più rigide e perentorie le misure già adottate nei confronti del sacerdote. Pertanto egli, nel prendere ancora una volta le distanze da quanto dichiarato da
quest’ultimo nel corso del colloquio telefonico captato, si riserva di adire le vie legali contro chi ha osato (o oserà) mettere in dubbio la sua correttezza, sostenuta da iniziative concrete e documentate, e contro chi ha tentato (o tenterà) di offendere il suo nome e quello dell’Istituzione che rappresenta».


 
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