Mancate zone rosse, a Bergamo le denunce di altri 100 familiari delle vittime arrivati da tutta Italia

Mancate zone rosse, a Bergamo le denunce di altri 100 familiari delle vittime arrivati da tutta Italia
di Michela Allegri
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Martedì 14 Luglio 2020, 10:10

I racconti sono strazianti: anziani e giovani morti soli, senza contatti con i parenti, in pochi giorni o dopo un'agonia durata settimane. Storie diverse e simili nei tratti, che ora stanno arrivando tutte quante alla Procura di Bergamo. Non solo dal Nord, ma da tutta l'Italia, compresa la Capitale. Sono le denunce e gli esposti depositati dai familiari delle vittime del Covid, riuniti nel Comitato Noi Denunceremo, nato come gruppo Facebook, che ieri ha organizzato un nuovo sit-in in piazza Dante, a Bergamo. I casi già sottoposti ai magistrati sono più di cento, ma nelle prossime settimane arriveranno almeno altre duecento segnalazioni, non solo dalla Lombardia, ma anche dall'Emilia Romagna, dal Veneto, dal Lazio. Racconti di malasanità, ma anche denunce per non avere attivato per tempo la zona rossa nei comuni del Nord, permettendo al virus di diffondersi a macchia d'olio.

DALLA CAPITALE
Arriva da Roma, per esempio, Carlo Riganelli, 55 anni. Nei giorni più difficili dell'emergenza sanitaria che ha travolto il Paese ha perso entrambi i genitori: il padre di 88 anni e, poco tempo dopo, la madre di 77. «Prima è toccato a papà, anziano, è stato ricoverato il 2 aprile ed è deceduto. In casa lo ha sempre accudito mamma, che così ha contratto il virus e poi se ne è andata anche lei. Chiedo ai magistrati di capire in particolare perché sia stata abbandonata. Non si può abbandonare una persona così. Voglio la verità», ha denunciato. Ma le storie di famiglie spezzate sono tantissime. «Hanno ucciso una generazione, quella che ha lavorato per tutta la vita per darci il benessere», dicono i tre fratelli Maisto, che hanno presentato un esposto per fare chiarezza sulla morte del padre, scomparso il 29 febbraio in una Rsa lombarda. «Papà era una persona normalissima, andava a ballare, è andato a fare una cura in una Rsa e dopo una quindicina di giorni si è infettato da un operatore - raccontano altri due denuncianti, fratello e sorella - è stato un calvario, non riuscivamo a parlare con lui. L'ultimo giorno ci hanno comunicato che la febbre era scesa e invece nostro padre è morto. Nella cartella clinica c'era scritto che urinava in terra, perché l'hanno chiuso in una cameretta, e che picchiava i pugni sulla porta. L'hanno fatto morire da solo». Una donna racconta di avere perso il fratello che aveva solo 59 anni: «Era stato ricoverato per un infarto e ha contratto il virus in ospedale, l'hanno mandato a casa senza cura. Tempo una settimana ed è stato riportato in pronto soccorso, perché non respirava. Se ne è andato in un paio di giorni, da solo. Lo strazio è tantissimo, voglio dargli la dignità che non ha potuto avere».
Ma non c'è solo il versante penale. Il Comitato ha anche inviato una lettera al presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e al presidente della Corte Europea dei diritti dell'uomo, Ròbert Ragnar Spanò: la richiesta è di vigilare sulle indagini in corso in Lombardia, perché potrebbero esserci gli estremi che prefigurano «il reato di crimini contro l'umanità», spiegano i membri del comitato.



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