Zona rossa, le famiglie delle vittime: «Via i segreti». I pm indagano sul ritardo

Zona rossa, le famiglie delle vittime: «Via i segreti». I pm indagano sul ritardo
Zona rossa, le famiglie delle vittime: «Via i segreti». I pm indagano sul ritardo
di Claudia Guasco
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Lunedì 10 Agosto 2020, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 12:18

Un buco di tre giorni che potrebbe aver portato dritto al disastro: il 3 marzo si riunisce il Comitato tecnico scientifico, che sulla base dei dato trasmessi dalla Regione Lombardia propone di decretare zona rossa Alzano e Nembro. Ma il premier Giuseppe Conte dice di aver visto quel verbale solo il 5 e rimanda al 6 marzo un esame approfondito della situazione. Tutti sapevano, Regione, Cts, governo, ma nessuno ha fatto nulla. «Una cosa è certa: era comunque già troppo tardi», riflette l’avvocato Consuelo Locati, che nell’epidemia ha perso il padre e ora è il legale del comitato “Noi denunceremo”. «La bassa Val Seriana doveva essere isolata il 23 febbraio, come Codogno. C’è un rimpallo di responsabilità che è un celare ciò che è successo dietro uno scudo politico che va fatto cadere».

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DATI FALSATI
A fine febbraio la situazione è grave tanto quella del lodigiano, ma la Regione Lombardia non se ne è nemmeno accorta, tanto che ha trasmesso al Comitato dati errati per difetto: i positivi nella bergamasca erano 200 in più, perché i risultati inviati al direttore dell’Iss Silvio Brusaferro non comprendevano i tamponi già effettuati e non ufficializzati. Solo tra Nembro e Alzano c’erano almeno 69 casi sottotraccia. E sul mistero delle 72 ore di buco nel quale viene inghiottito il verbale del Comitato si concentra ora l’attenzione dei magistrati di Bergamo, che indagano per epidemia colposa: il ritardo nella catena di informazioni sulla zona rossa, infatti, non rappresenta un dato neutro nel rimpallo di responsabilità e competenze tra Regione Lombardia e governo. «Nel mezzo di un’epidemia, il presidente del Consiglio che dice di non aver visto il documento non costituisce reato, certo però è surreale», afferma Luca Fusco, commercialista della bergamasca che ha creato il Comitato dopo aver perso il padre per il Covid. Le cento denunce depositate in Procura puntano il dito contro governo e Regione Lombardia: «Da questa mala gestio sanitaria e amministrativa centrale sono derivati i collassi degli ospedali, le morti nelle case proprio perché non vi era possibilità di ricovero. Sono derivate le morti dei medici di base lasciati senza dispositivi di sicurezza, abbandonati a se stessi senza alcun supporto dalle Ats con cui è mancato il collegamento e la collaborazione, come denunciano in una lettera aperta i medici di medicina generale», scrive Monia Moretti nel suo esposto.

«Ci si chiede perché non venga istituita la cosiddetta zona rossa», si legge nella denuncia di M.Z. Che rileva: «Il 27 febbraio organizzazioni delle imprese e sindacati redigono un documento congiunto per dire che “dopo i primi giorni di emergenza, è ora importante valutare con equilibrio la situazione per procedere a una rapida normalizzazione, consentendo di riavviare tutte le attività ora bloccate, evitando di diffondere sui mezzi di informazione una immagine e una percezione, soprattutto nei confronti dei partner internazionali, che rischia di danneggiare durevolmente il nostro made in Italy e il turismo». Alzano e Nembro, stando alle denunce, non sono mai state isolate per un miscuglio di incompetenza, inerzia politica e interessi economici. «Il nostro scopo è trovare giustizia e smantellare l’omertà - afferma l’avvocato Locati - Dalla cartella clinica di mio padre ho capito che i medici sono stati obbligati a fare delle scelte nelle cure. Ma non gliene do colpa, avrei fatto lo stesso».
 


 

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