Marco, bancario di 53 anni sposato con due figli, va a combattere i russi: «Sarò un soldato in Ucraina»

L’uomo ha contattato l’ambasciata ucraina e ha dato la sua disponibilità ad andare in guerra

Foto: Ansa
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Venerdì 4 Marzo 2022, 18:13 - Ultimo aggiornamento: 5 Marzo, 16:37

Un bancario pronto a lasciare il suo lavoro per andare a combattere la guerra in Ucraina. E’ la storia di Marco Schiara, 53 anni di Torino, sposato e con due figli di 19 e 5 anni, che dopo 22 anni di lavoro in banca ha deciso di partire per raggiungere le zone del conflitto e unirsi alla legione straniera che si sta formando per affiancare l'esercito nella lotta contro le truppe russe.

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Marco schiera, il bancario parte per la guerra: «Sarò un soldato in Ucraina»

In tempi di guerra Marco Schiara è pronto ad andare a combattere. Originario di Torino, 22 anni di lavoro in banca e una famiglia con due che ha già dato accoglienza agli sfollati, ha dato la sua disponibilità per partire e aiutare l'esercito ucraino contro le truppe di Putin: «Voglio difendere – ha spiegato in un’intervista a “Repubblica” -  i diritti di quel Paese e di tutta l'Europa.

Non dico che debbano farlo tutti, ma io sono disposto a farlo. Domenica scorsa ho preso contatti con l’ambasciata ucraina durante la manifestazione di piazza Castello e ho dato la mia disponibilità ad andare in guerra, ma mi hanno risposto che servono documenti e autorizzazioni: passaporto, visto, autorizzazione delle autorità italiane perché al mio ritorno non vorrei avere problemi, oltre all'autorizzazione del mio datore di lavoro. La mia speranza è che quando tutti questi saranno a posto la guerra sia già finita».

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La moglie è al suo fianco anche se non condivide la sua scelta e stesso Marco, che alle spalle ha una preparazione per questo tipo di situazioni legata al solo servizio militare e possiede il porto d’armi a scopo ludico, sottolinea che la situazione si sta velocemente complicando: «Putin sta dimostrando che le sue mire vanno oltre l’Ucraina, il conflitto potrebbe estendersi con conseguenze ancora più gravi. Se ci fosse un attacco nucleare non sarebbe più al sicuro nessuno, in tutto il mondo. Vivere a Torino o Kiev farebbe davvero poca differenza a quel punto. Purtroppo tanti segnali dicono che stiamo andando in quella direzione. Mio figlio maggiore ha capito le mie ragioni».

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