Silvia Romano libera: costretta a ​convertirsi all'Islam. Pagato un riscatto

Silvia Romano libera: costretta a convertirsi all'Islam. Pagato un riscatto
Silvia Romano libera: costretta a ​convertirsi all'Islam. Pagato un riscatto
di Cristiana Mangani
4 Minuti di Lettura
Domenica 10 Maggio 2020, 01:08 - Ultimo aggiornamento: 12:39

La prova tanto attesa arriva il 17 gennaio scorso: un video in cui Silvia Romano dice di essere viva e di stare bene. È praticamente l'ultima tappa di una trattativa difficilissima che vede gli uomini dell'Aise, il nostro servizio segreto esterno, tessere una tela di informatori e scambi che porterà alla liberazione della giovane cooperante. La soluzione era alle porte già all'inizio dell'anno, poi l'emergenza coronavirus ha rallentato l'intervento. E solo due notti fa, Silvia è stata recuperata dai nostri 007, insieme con le forze speciali turche e somale, a circa 30 chilometri da Mogadiscio, mentre nella zona le alluvioni travolgevano ogni cosa. Al momento del ritrovamento indossava abiti locali, aveva la testa coperta, le tante pressioni subite in questo anno e mezzo l'avrebbero anche costretta a convertirsi all'Islam. A soli 25 anni e in una situazione così tremenda, avrebbe subito fortissime pressioni psicologiche per farle assimilare l'ambiente dove è stata costretta a vivere. 

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In base alle ricostruzioni fatte dalla nostra intelligence in questi mesi la ragazza era tenuta in una grotta nelle vicinanze del villaggio di Buulo Fulaay, nella regione somala di Bay. Una zona completamente in mano ai gruppi terroristici di Al-Shabaab e alle fazioni integraliste legate alla guerriglia. A moltissimi chilometri di distanza dal luogo in cui è stata rapita nel villaggio di Chakama a ovest di Malindi, in Kenya.

«Fa proselitismo religioso, va tolta di mezzo», è stato il messaggio consegnato ai criminali che il 20 novembre del 2018 erano stati pagati per eseguire il sequestro. Da quel momento è cominciato un periodo di luci e ombre. Silvia viene tenuta in almeno tre covi diversi e viene portata, come prima tappa, in una foresta che si trova al confine tra il Kenya e la Somalia, un luogo impraticabile per chiunque, pieno di trappole, e dove neanche gli infrarossi riuscivano a vedere all'interno. È un momento in cui si teme il peggio, la fase in cui avviene il passaggio di mano dalla criminalità comune ai terroristi. 
I primi contatti hanno inizio non appena la cooperante viene portata in Somalia. Ci sono fazioni di estremisti con i quali è ancora possibile trattare. E poi ci sono fazioni dove il dialogo è impossibile e la morte è certa. Silvia ha avuto a che fare con i primi. E allora, grazie anche agli 007 locali, l'Aise è riuscita a entrare in contatto con persone vicine ai carcerieri. Bisogna però avere la prova tangibile che sia viva, così l'estate scorsa arrivano i primi segnali. Poi un lungo periodo di silenzio. Si sparge la notizia di un conflitto a fuoco durante il quale potrebbe essere rimasta ferita. Ed è solo a novembre, che anche dalla procura di Roma che segue le indagini, filtrano indicazioni positive: «Sta bene ed è viva».
 



È una trattativa lunga e complessa, durante la quale viene chiesto un riscatto, che, come è accaduto anche nei precedenti sequestri, è certo che sia stato pagato. In quelle zone ognuno è pronto a dire la sua pur di ottenere denaro, ma il rischio che possa succedere qualcosa è sempre dietro l'angolo. Per mesi le forze speciali sanno dove l'ostaggio si trovi, ma è impossibile intervenire perché il rischio è troppo grosso. L'ultimo filmato, il 17 gennaio scorso, apre la porta alla soluzione. Ma anche Mogadiscio e la Somalia sono sotto lockdown. Bisognerà aspettare fino a due notti fa, quando la volontaria viene recuperata dopo un blitz, e portata sotto protezione nel compound delle Nazioni Unite. È stata anche una bella operazione di collaborazione tra i nostri 007 e i colleghi turchi e somali. L'Italia è presente sul territorio con la missione Eutem e i contatti con le forze speciali somale sono molto frequenti, visto che i militari locali vengono quasi tutti preparati nelle accademie italiane.

Con la liberazione di Silvia, sono quattro gli italiani rapiti all'estero che sono potuti tornare a casa in poco più di un anno grazie in particolare all'azione dell'Aise, guidata dal generale Luciano Carta che dalla fine del mese lascerà il ruolo di direttore per prendere quello di presidente di Leonardo. Nell'aprile e maggio 2019 erano stati liberati Sergio Zanotti e Alessandro Sandrini, rapiti in Turchia e portati in Siria, mentre il 14 marzo sono tornati in libertà Luca Tacchetto e la compagna canadese Edith Blois, che erano scomparsi in Burkina Faso. 
 

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