Se il farmaco è maschilista

Se il farmaco è maschilista
di Barbara Gubellini
2 Minuti di Lettura
Martedì 27 Luglio 2021, 19:39 - Ultimo aggiornamento: 28 Luglio, 07:05

Lo sapevate che sono le donne a consumare più farmaci? Ma che i farmaci sono quasi sempre studiati su un campione maschile? Su un maschio bianco di circa 70 kg di peso, per essere precisi.

E’ un problema? Sì, perché donne e uomini sono diversi, biologicamente e socialmente. Le donne, ad esempio, subiscono conseguenze più gravi dopo le terapie post infarto e hanno circa il doppio di reazioni avverse a quasi tutti i farmaci. 

Per questo si parla dell’esigenza di una “medicina di genere” che –attenzione- non è la medicina dedicata alle malattie specifiche di un sesso - quelle legate a mammella, utero, ovaie delle donne o alla prostata per l’uomo-, ma di una medicina che tiene conto anche delle differenze socioculturali tra uomini e donne e delle implicazioni sullo stato di salute. 

Tanto per fare un esempio: in Italia il "caregiver", cioè la persona che in famiglia si occupa degli anziani, è per il 70% una donna, ebbene questo carico sulle spalle delle donne le rende più esposte a depressione, insonnia e disturbo d’ansia.

Anche i disturbi alimentari colpiscono di più le donne perché la società richiede loro standard di magrezza più alti che agli uomini, mentre gli uomini consumano più alcool e per questo sviluppano altre patologie.

Insomma, le differenze sono tante e soprattutto dopo una pandemia come quella che stiamo vivendo ci meritiamo una sanità che metta al centro la persona. Ma, come ricorda la direttora dell’Istat Linda Laura Sabbadini, “la persona non è mai neutra”.

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Inviata, autrice e conduttrice tv. Da anni realizza reportage di approfondimento su ambiente, cibo sostenibile e temi sociali. L'argomento che più la appassiona è la parità di genere. E' mamma di due bambini.

© RIPRODUZIONE RISERVATA