"Savinio. Incanto e mito" in mostra a Palazzo Altemps

"Savinio. Incanto e mito" al museo Nazionale di Palazzo Altemps
"Savinio. Incanto e mito" al museo Nazionale di Palazzo Altemps
di Valeria Arnaldi
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Lunedì 8 Febbraio 2021, 21:17 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 10:24

È nella meraviglia, nella sua accezione più profonda, emotiva e filosofica, il cuore della mostra monografica “Savinio. Incanto e mito”, a cura di Ester Coen, ospitata fino al 13 giugno al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps. Circa novanta lavori, con un focus tra il 1925 e il 1931, consentono di ripercorrere le “visioni” dell’artista, tra rimandi letterari, suggestioni riprese dall’Antico e avanguardia.  

«È per questo felice stupore - diceva Alberto Savinio - per questo loro presentarsi inaspettate e nuove, per questo venirmi incontro come da un altro mondo, che prima di farsi amare da altri le mie opere si fanno amare da me… ».  Intellettuale dai molti interessi, dalla musica alla letteratura, dalla pittura al teatro, erudito che della cultura classica sapeva vedere - e mostrare - la vitalità, Savinio viene illustrato attraverso un sapiente dialogo tra le sue opere e quelle nella collezione permanente del museo.

I rimandi sono evidenti ma mai didascalici, sempre tesi a sollecitare l’attenzione e soprattutto nuove letture del lavoro dell’artista.

Civiltà passate - non superate - mito e illusioni si intrecciano a comporre scenari inusitati che si fanno indizio di una intensa ricerca del sé. Antico e moderno si incontrano e confrontano a costruire una nuova identità. La bellezza si veste di nuova ironia, arricchendosi paradossalmente di mistero.  La filosofia greca, anche attraverso la rilettura di Nietzsche, si fa guida per un’analisi senza tempo del vivere. A conquistare è il “gioco”, come principio guida e modalità di guardare il mondo, sempre unito però alla memoria, come consapevolezza.

Il percorso spazia così da strutture caleidoscopiche a  trasparenze, da scenari onirici a visioni fanciullesche, anche con le loro ombre e inquietudini. A conquistare, nella Sala Grande del Galata, sono le invenzioni sceniche per l’“Oedipus Rex” di Igor Stravinsky su testo di Jean Cocteau e il monumentale fondale di scena per “I racconti di Hoffmann” di Jacques Offenbach.

Accompagna il passo del visitatore, la musica. Nella Sala del Galata, le note sono quelle dell’“Oedipus Rex” diretto da Herbert von Karajan con la voce narrante di Arnoldo Foà. Nella Sala Mattei, invece, a farsi ascoltare sono “Les Chants de la mi-mort” composti da Savinio nel 1914, che vanno così ad arricchire il ritratto dell’artista e del suo “mondo”, tra figure mitiche, nuovi bestiari, immagini ibride che richiamano al desiderio di sorprendere e, forse sorprendersi ma, al contempo, esortano a confrontarsi con l’ignoto e con la sua vertigine.

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