Roma, scuola nel caos. I presidi in polemica con l'ufficio scolastico regionale: «Alle elementari il tempo pieno non c'è più»

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di Lorena Loiacono
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Martedì 10 Novembre 2020, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 09:06

La maestra non c’è e i bambini vanno a casa. A Roma ormai il tempo pieno è solo un ricordo: delle 40 ore settimanali ne restano 25-30. Quindi ogni classe ha già perso qualcosa come 80 ore dall’inizio dell’anno scolastico. 


La mancanza di docenti, dalle elementari alle superiori, sta quindi mettendo in ginocchio un anno già tanto complicato. Accade così che nelle scuole primarie l’orario resta ridotto dall’inizio di settembre. Alle superiori, per ora, ci si salva con la didattica a distanza: ma anche lì il professore manca. E così sempre più famiglie protestano contro i singoli istituti, scrivendo anche all’Ufficio scolastico. Poi l’ex Provveditorato gira i reclami ai presidi che, sull’orlo di una crisi di nervi, sbottano: «E’ paradossale - tuona Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi di Roma – dobbiamo rispondere per situazioni determinate da un meccanismo che gli uffici scolastici regionali non riescono a fronteggiare. Siamo quasi a metà novembre e sono ancora in corso le nomine dei docenti attraverso le graduatorie provinciali». 


Ad oggi mancano migliaia di nomine, in tutto il Lazio.

Ci sono scuole che provano a chiamare anche dalle graduatorie di istituto ma il supplente, quando risponde, non resta per più di 10 giorni. Poi ricomincia la caccia. «Ho ancora 10 cattedre scoperte su 60 alle elementari – spiega Valeria Sentili, preside dell’istituto “Francesca Morvillo” di Tor Bella Monaca - e 20 cattedre di sostegno scoperte su 32. Se poi contiamo anche le classi in quarantena, salta tutto. Dovrei dire alle famiglie di tenere i bimbi a casa: questa non è didattica». 


All’Istituto Manin all’Esquilino la preside Manuela Manferlotti ha preparato un’organizzazione ad hoc tramite le “mad”: «Sono le cosiddette messe a disposizione – spiega - con cui chiamo i supplenti senza dover convocare dalle graduatorie a cui nessuno risponde». 

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